I canadesi Propagandhi non passeranno probabilmente alla storia come band anarco hardcore di prima fascia, ma gli va riconosciuta una passione ed una longevità sorprendente, per questo genere di musica fisicamente sfiancante – sono attivi dal 1986, e solo il bassista è subentrato nel 1993 – associate a freschezza musicale e capacità di interpretare tante fasi che l’hc ha attraversato dagli anni 80 ad oggi: la vecchia scuola punk e straightcore, i contenuti politici, l’avvicinamento al metal e la c.d. nuova scuola, il melod-icore, e persino il post-core.
Failed States è il loro ottavo disco – cui sommare un paio di EP ed un live DVD – e contiene 12 brani dal suono molto ruvido e dai testi politici.
L’apertura è per ‘Notes to Self’, tutto sommato musicalmente ordinata con passaggi però estremamente variabili, virtuosismi, e a fine prima strofa urla: “how does it make you feel to know that you voted for this? fuck this! so much for your hopes and your dreams and your children. you just sat there believing in this bullshit system”, perchè occupy wall street non si ferma, poi la splendida, emblematica ‘Failed States’: ringhioso, disincantato inno contro la stupidità della guerra, e ‘Devil’s Creek’, che sa tanto di Brutal Truth e Dillinger Escape Plan, esattamente come ‘Rattan Cane’ che è metalcore moderno, dedicata ai 58 giovani emo iracheni giustiziati dai fondamentalisti islamici in marzo, e ai 64 punk indonesiani arrestati e pubblicamente umiliati, in dicembre, dai militari islamici del proprio paese.
Poi c’è ‘Hadron Collision’, straightcore con persino un assolo di chitarra, molto Black Flag, mentre ‘Unscripted Moment’, ‘Status Update’ e ‘Things I Like’ stabiliscono un forte collegamento musicale con il veloce roster skate punk della Epitaph, loro etichetta – ricordiamo che i Propagandhi furono scoperti da Fat Mike dei californiani Nofx, anch’essi su Epitaph – mentre ‘Cognitive Suicide’ è dedicata dai Propagandhi a due atlete sudafricane, e alle loro tristi vicende di discriminazione e violenza di matrice sessuale: Caster Simenya ed Eudy Simelane.
‘Lotus Gait’ ricorda musicalmente i Deftones e ancora i Nofx, e narra di un incubo, uno di quegli horror moderni girati in digitale che sembrano videoclip, visionario fino all’estremo.
I Propagandhi sono Chris Hannah (voce e chitarra), David Guillas (chitarra), Jordy Samolesky (batteria) e Tod Kowalski (basso e voce).
Autore: Fausto Turi