A 50 anni dall’esordio, Robert Allan Zimmerman, al secolo Bob Dylan, nell’anniversario dell’11 Settembre pubblica il suo 35esimo album: Tempest.
Il titolo dell’album ricorda l’ultima opera di Shakespeare “La Tempesta” (pura coincidenza oppure un segnale di un imminente fine della sua carriera musicale?!), mentre in copertina c’è un particolare del complesso monumentale di Pallade Atena davanti al parlamento austriaco.
Ma questi non sono gli unici riferimenti classici di quest’opera, infatti Dylan sembra essere stilisticamente tornato al sound dei suoi leggendari anni ’60, senza abbandonare le sperimentazioni blues e rockabilly degli ultimi tempi. 3
Le dieci canzoni che danno forma all’album sono prodotte dallo stesso Dylan, sotto l’abituale pseudonimo di Jack Frost, e si presentano come un viaggio nei ricordi, nell’esperienza di vita, nelle emozioni e nei sentimenti, con tanto di bagaglio emotivo dal suono blues, folk, country e solo raramente rock, insomma un omaggio alla grande musica americana.
Si comincia con il singolo Duquesne whistile, dal suono country, praticamente registrata con il microfono attaccato alla bocca; poi si prosegue con il blues elettrico di Narrow Way e il rock “scuola Dylan” di Pay in Blood.
Al centro dell’album troviamo pezzi decisamente più intimi, pieni di malinconia rappresentati dalle ballate Lond and Wasted Years e Scarlet Town, dove trova spazio la presa di coscienza di una età avanzata proiettata in un mondo sulla soglia del declino.
Penultimo brano, quello che da il titolo al disco, è un irish folk di 14 minuti dedicata all’affondamento del Titanic che unisce personaggi storici, fatti realmente accaduti e il protagonista del film di Cameron, Leonardo Di Caprio.
Il disco si conclude con Roll On John, dedica semplice e sincera all’amico John Lennon citando i Beatles, richiamando i testi di Come Together e A day in the life.
Dopo aver ricevuto da Barack Obama la Medaglia presidenziale della libertà e dopo essersi guadagnato delle buone possibilità di vincere il Nobel per la letteratura, Bob Dylan con testi biblici eppure laici ed umani allo stesso tempo, citando William Blake e John Greenleaf Whittier può ora affrontare la sua “tempesta”.
Autore: Antonio Caputo