Il nuovo lavoro di Ariel Pink, ancora una volta con gli Haunted Graffiti, è piena schizofrenia pop.
Inafferrabile, sgusciante in ogni suo passaggio, il disco è costituito da una policromia di riferimenti che rendono il gioco molto divertente. Perché di gioco si tratta, non vogliamo sminuirne gli intenti, ma è proprio nella genesi del disco quell’attitudine scanzonata e leggera che rende i brani simili a piccole gemme luminose di melodia e seppe di riferimenti.
La bassa fedeltà di base non rende l’ascolto così agevole al primo impatto; ci vuole solo un pizzico di pazienza e bisogna saper stare alle regole del gioco, in cui tutto e minuziosamente incasellato in piccolo vortice di caos che alterna passaggi più morbidi e immediati, ad altri più isterici e dissacranti.
Tra inserti sintetici, rumorini di tutti i tipi, passaggi in falsetto e ritmi sincopati, nei cinquanta minuti di durata c’è un campionario vastissimo di linguaggio pop da poter stordire anche l’ascoltatore più smaliziato.
Gli amanti delle classificazioni forzate lo definirebbero “Hypnagocic Pop”, noi preferiamo la strada più semplice e lo associamo ad una allegra psichedelia con spiccato gusto per l’easy listening. Alla lunga vince lui e, nonostante ogni cosa sembra presa già da qualche altra parte, un sorriso ebete si impadronisce di noi a fine scaletta. Non è la perfezione, tra l’altro nemmeno lontanamente anelata, ma qualcosa che frigge il cervello al punto giusto per non farci impazzire con la triste quotidianità di tutti i giorni.
Necessario e non per tutti.
Autore: Enrico Amendola