Mike Wexler, musicista newyorkese di non facile classificazione, torna con un il suo secondo album dopo l’interessante debutto nel 2007 con Sun Wheel. Wexler non è certamente un tradizionalista, quanto piuttosto l’interprete di una mappa sonora nella quale trovano posto molteplici suggestioni.
Dispossession è il frutto di oltre due anni di registrazioni, durante i quali Wexler si è circondato di una serie di musicisti di nicchia fra cui Ryan Sawyer, Nate Wooley e Jessica Pavone.
L’album ruota intorno alla parola dispossession, riferita, in sintonia con il momento presente, sia alla sfera spirituale che materiale. Storie e atmosfere, quindi, che raccontano del vuoto emotivo, ma anche, con un chiaro riferimento alla drammatica crisi economica dei nostri giorni, dell’essere alla deriva del mondo.
Da un punto di vista musicale, volendo trovare alcuni riferimenti, potremmo parlare di una struttura musicale che guarda soprattutto verso il Regno Unito, fondendo psichedelia post-rock e free jazz. Wexler attinge, infatti, ad alcuni mostri sacri come Nick Drake nell’iniziale Pariah.
A Robert Wyatt e Kevin Ayers in Liminal e Syd Barrett nel valzer pianistico di Prime.
Tutto questo però, mantenendo un distacco ed un’autonomia creativa dettata dall’acuta consapevolezza della diversità della cultura musicale contemporanea.
Ad ogni modo soffermarsi su singole tracce rappresenta, nel caso di Dispossession, un esercizio del tutto superfluo, visto il suo procedere senza un centro gravitazionale. Di sicuro non è un album consigliabile se si è alla ricerca di un rock immediato e coinvolgente.
Pur inondandoci di suggestioni e di note malinconiche e languide, Dispossession richiede, infatti, pazienza ed una certa perseveranza per penetrare le sue atmosfere oscure e narcotiche. Forse, per questo, un album più facile da apprezzare che da amare.
Autore: Alfredo Amodeo