Un uomo su una sedia, una valigia alla mano, ben vestito ma con i lacci delle scarpe sciolti, si perde tra le nuvole. E’ questa l’immagine che Dimartino, cantautore palermitano, ha voluto dare di sè nel suo nuovo album, uscito lo scorso 21 maggio per Picicca Dischi.
Quello di Dimartino è un album romantico e poetico che si muove perfettamente nell’universo del cantautorato italiano contemporaneo. Universo che negli ultimi sta regalando vere e proprie perle.
“Sarebbe bello non lasciarsi mai ma abbandonarsi ogni tanto è utile“, arriva dopo l’esordio “Cara maestra, abbiamo perso” e non delude le aspettative, anzi spinge ancora un po’ in avanti il livello di qualità melodica e testuale. Album che vede annoverati alla produzione artistica Dario Brunori, meglio conosciuto come Brunori sas, anche lui esponente di spicco dell’attuale scena cantautorale italiana, e agli arrangiamenti Mirko Onofrio.
A suonare nell’album insieme ad Antonio Di Martino, autore di testi e musiche, Simona Norato, piano e chitarra, e Giusto Correnti alle percussioni.
Dimartino ha un modo di scrivere i suoi testi che appare sognante eppure disilluso, le sue canzoni sono fotografie di un mondo che volta le spalle.
“C’è che passa il tempo e che lo spazio resta sempre quello. Io non parlo mai e forse è meglio“, racconta di sé attraverso le storie di altri, e sono tanti infatti i personaggi che arrivano sulla scena a dire la loro. E come scrive in “Cartoline da Amsterdamo“: “Faccio un po’ il ventriloquo dietro goffe bambole, ho provato ad essere felice senza accorgermene“, la ricerca della felicità, nascosta nei rivoli della realtà, in un mondo che non lascia spazio ad “animali in estinzione come noi”, esseri dotati di una sensibilità che non lascia scampo.
Realtà e favole si intrecciano in un racconto ricco di sfaccettature, metafore fiabesche e tratti quotidiani. “Senti come cambia il vento e come cambiamo noi, che abbiamo visto tutto o forse niente“, cambia la prospettiva e cambiano i punti di vista da cui si indaga l’esistenza.
Ci sono canzoni d’amore sociale come “lettere consegnate ad un postino anonimo, per non ritrovarle più“, poesie da consegnare al vento. Gli arrangiamenti, mai invasivi e sempre rispettosi dell’essenzialità dei brani, conferiscono all’album la qualità di viaggiare in un’atmosfera sospesa. Per citare solo qualche brano, pur considerando che il livello resta alto in tutte le canzoni: “Ormai siamo troppo giovani” inno agli amori illegali da salvare, alle banche da abolire, alla voglia di perdersi in un mondo di sogni italiani fatti di calcio e catechismo, “Io non parlo mai“, sogno di un viaggio interstellare di astronavi riciclate abitato da personaggi bizzarri eppure reali, da Carlo vestito da coniglio, da Cristo da incontrare sull’autobus per New Orleans.
“Non siamo gli alberi“, primo singolo estratto dall’album, è la canzone che riassume in sé tutte le tematiche toccate dagli undici brani che compongono, come tasselli perfetti, questo bizzarro puzzle.
Scrive Dimartino: “No non ho più voglia di imparare, no non ho più voglia di capire, né di sapere niente tanto a cosa mi serve“, disincantata interrogazione sull’utilità delle lezioni istituzionali, sintetizzate nell’immagine di Monicelli che vediamo volare dal balcone, alla faccia di chi vorrebbe comandare le vite di tutti, e l’imperativo è: ognuno scelga la sua felicità.
Un album che si lascia ascoltare con piacere dalla prima all’ultima traccia, che segna un continuum tra i brani e che crea un insieme armonico e melodicamente accattivante.
Autore: Roberta Cacciapuoti