E’ un periodo florido per l’hip-hop italiano, dopo le recenti cazzute performance di Club Dogo, Co’Sang (rip), Marracash, 99 Posse, Ghemon, Clementino, Caparezza e Fuossera, ed il secondo disco del pratese Creep, prevedibilmente discutibile per l’alta dose di volgarità e stereotipi – la copertina del disco è del tutto fuori luogo… – destinata tra l’altro a riversarsi su un pubblico di giovanissimi, si propone complessivamente come opera valida, in qualche modo prossima nello stile alla scuola milanese di Marracash e Club Dogo, anzi: musicalmente con una spinta e una freschezza in più.
Selvatico e spontaneo, Creep scrive bene e piazza le sue rime su un’ottima elettronica hip-hop indipendente, randagia e dall’attitudine rock stradaiola, che riempie bene gli spazi, si adatta anche emotivamente ai testi, che sono sempre espliciti, volgari, politicamente scorretti, e insistono su argomenti come droga, armi, sesso, criminalità, antagonismo e su una sfida continua, contro sé stessi e gli altri: concetto in parte racconto della periferia e dell’insofferenza giovanile, in parte negli stereotipi del genere e parecchio qualunquista.
‘Cattiva Notte’ è la cosa che c’ha colpito di più, perché porta un lirismo nuovo, nel racconto di Creep in mutande, su un letto in overdose in una stanza d’albergo, che cerca di arrivare vivo alla mattina; e anche ‘La Verità’, biografica, con la scalata di un giovane rapper verso il primo disco.
Sembra che il dibattito intorno a Creep riguardi soprattutto capire se davvero i problemi con la legge di cui parla li abbia avuti per davvero, se sia, cioè, “autentico”, o fenomeno da baraccone; è il piccolo polverone sollevato da Damir Ivic sulle pagine del glorioso il Mucchio Selvaggio, ma non siamo d’accordo; autentico o meno, non è questo il punto, non è importante. L’impressione è che Creep, suo malgrado, diventa un fenomeno massimamente reazionario e qualunquista perché si inserisce in una corsa ai soldi facili, allo sballo, sparare ai poliziotti e sesso nei cessi delle discoteche, tutta roba che ormai fa parte del paesaggio che ci circonda, intravisto persino nelle più buoniste fiction di Rai1. E un piccolo gioiellino hip-hop come ‘Non So perché lo Faccio’ e ‘La mia Generazione’ infondo altro non sono che il racconto di una risposta senza sbocco all’apatia giovanile, in cui alcuni magari si crogiolano a volte persino con gusto, altri come Creep si dimenano violenti e assolutamente sconclusionati. Non si può parlare di immaturità, perché di qualità in quest’album ce n’è da vendere – produzione, suoni e missaggio sono impeccabili – ma così Creep è Morto prima ancora di nascere.
Autore: Fausto Turi