Torna la band inglese di Brighton, formata da Rosa Rex, Katy Klaw ed Olly Joyce, dopo vari EP e l’apprezzato Fossils and other Phantoms dell’anno scorso che proprio un esordio non era, poiché precedentemente il gruppo già esisteva come Peggy Sue & the Pirates con qualche disco all’attivo; e la novità di questo Acrobats consiste in un netto passaggio dal folk pop tzigano e naif del precedente lavoro, ad un rock blues scuro e molto intenso, che – complice le due voci femminili, e soprattutto la produzione di John Parish – fa chiaramente riferimento alla fondamentale e intramontabile produzione artistica di Pj Harvey.
Niente più folk acustico, dunque, niente atmosfere sognanti e d’evasione; qui ci si immerge in suoni rock profondi ed elettrici, e amori franati nel rancore, nella depressione e nella sconfitta.
‘Cut my Teeth’ apre il disco in puro stile Pj Harvey, con la voce di Rosa che recita cupa e lenta su un rock blues scarno e lirico, mentre la voce di Katy più avanti s’aggiunge – dinamica tipica dei Peggy Sue – creando il già conosciuto effetto coinvolgente e armonioso, che in questo contesto minaccioso e teso per la verità, inaspettatamente, funziona ancor meglio che in passato.
‘Song & Dance’, il primo singolo, è invece un brano un attimino meno cupo, e ricorda maggiormente le composizioni del passato – qui l’armonia delle due voci femminili che s’incastrano è alla base proprio del brano – mentre in ‘Funeral Beat’ tornano persino le chitarre acustiche, ma in versione blues e a tratti è una meraviglia: brano piuttosto evocativo nello stile delle Smoke Fairies – le connazionali Katherine Blamire e Jessica Davies – come anche ‘Boxes’ – elettrica e disturbata, con i caratteristici suoni di chitarra soltanto apparentemente buttati lì, di John Parish – mentre ‘Parking Meter Blues’ – lenta e sussurrata – ci porta dalle parti di Shannon Wright, narrando di sensazioni e incontri mattutini.
Si procede tra inesorabili rock blues in cui la batteria di Olly Joyce – componente maschile del terzetto – si mantiene quasi sempre leggermente defilata, contribuendo al buio e sottolineando però ancor più gli improvvisi squarci di luce dovuti alle due voci femminili. Con ‘D.u.m.b.o.’ il ritmo sale, ed ecco un probabile nuovo singolo alternativo per l’Inverno.
Le soluzioni musicali e ritmiche tra cui si muovono i Peggy Sue non sono tantissime, inoltre la voglia di ricreare un preciso sfondo emotivo nudo e avvolgente li porta verso alcune ripetizioni – ‘Ruthie’, verso la fine, sa di già sentito precedentemente – ma rimane l’incanto di quelle due voci femminili intrecciate sui suoni elettrici, che funziona dannatamente bene. Ottimo disco.
Autore: Fausto Turi