Delicato ed avvolgente questo secondo album dei W. W. Lowman, band di Chicago, che prende le mosse, ma anche le distanze, dal post rock.
Già, perché il loro sound si estende con dilatazioni che giungono fino al pop orchestrale ed epico di Bacharach e Morricone. Sembrerà che accostamenti di questo calibro possano essere esagerati ma il gruppo di Chicago, se non raggiunge le vette di intensità dei due mostri sacri della musica contemporanea, dimostrano di avere lo stesso approccio alla scrittura.
Il valore aggiunto di questo disco è senza dubbio il jazz. Un jazz spesso sfumato, accennato e mai preponderante, ma che si amalgama molto bene con il sound di queste otto tracce.
I fiati di “Cuts like a knife”, infatti, sono funzionali tanto al lungo fluire di un’elettronica intarsiata di rimandi spaziali, ma anche ad miscela rilassata di funk e r’n’b come in “Some song that is”.
Affascinante poi risulta “Ly roo kay”, brano strumentale con un piano vibrante e nervoso in primo piano accompagnato dal violino, che suscita sensazioni contrastanti: tra l’inquietudine e l’esaltazione.
Evocativa, infine, risulta “Half to love”, mentre è decisamente inquietante “Gnawsh”, strutturata su un sound minimale elettronico, in grado di scavare nei meandri dell’inconscio.
Autore: Vittorio Lannutti