Alcuni dischi dovrebbero essere composti da un solo brano e The Magical Tree and the Land of Plenty dovrebbe essere uno di questi. Aldilà dei commenti lapidari, per quanto talvolta necessari, questo disco di otto brani risulta troppo lungo, monotono e poco stimolante già dalla seconda traccia. La voglia e la speranza che si può riporre nella musica, in ogni genere di musica, fa pensare alle sicure buone intenzioni alla base di questo lavoro ma, di fronte all’evidenza, i propositi (per quanto ottimi) stanno a zero.
Quasi quaranta minuti di eco, di atmosfere spaziali, chitarre in delay e testi tanto ermetici da rasentare l’incomprensibilità, tirati su da qualche buona ma troppo sporadica idea rende inutile citare i titoli dei brani: il concetto negativo di fondo accomuna Baby Kisser Baby Killer (open track dell’album) a On cloud nine senza troppi compromessi.
Il risultato finale che si ottiene, ascoltando molte (ma molte) volte The Magical Tree and the Land of Plenty, nella vana ricerca di riuscire a trovare un appiglio, un gancio di salvataggio di qualche tipo, è semplicemente la sensazione di trovarsi a che fare con un disco talmente autoreferenziale che assume la forma di un brano a caso dei Godspeedyou! Black Emperor scritto con tanto di esercizi di stile annessi. Con la differenza non troppo ininfluente che non si tratta, in questo caso, dei GY!BE ma dei Kipple.
Mancanza di personalità, poca varietà, nessuna finestra verso l’esterno: un disco che racconta di sé stesso usando sempre le stesse lettere di un alfabeto corto, troppo corto, rendendo ininteriorizzabile concetti che, perlomeno potenzialmente, potrebbero risultare chiari con pochi, ma giusti, accorgimenti. Impossibile sapere se la ricerca di un codice così astruso sia frutto di un’intenzione consapevole, ma basta premere play su Brandon (o Ex Boyfriend o So deel in the back of the closet o Before Heroin o Missing Children’s day…) per giungere alle proprie, personalissime, conclusioni.
Autore: A. Alfredo Capuano