Abitualmente le opere rock sono appannaggio dei gruppi progressive e psichedelici, che ambiziosamente tentano di sviluppare una storia nell’arco di un intero disco, ricorrendo ad un linguaggio musicale prolisso, delineando una parabola che tipicamente preveda nascita, formazione, presa di coscienza, sconfitta e resurrezione del protagonista.
I canadesi Fucked Up provengono da tutt’altro ambiente: sono rinnovatori dell’hardcore che tentano, certo, di sviluppare attraverso una generale attitudine progressive, ma senza perdere mai di vista l’impatto violento, grezzo ed istintivo. Il suono e la velocità sono assolutamente rock’n’roll e non mancano parti di chitarra persino più ruggenti, che ricordino gli Ac/Dc, per esempio, come in ‘Remember my Name’ o in ‘Ship of Fools’.
David Comes to Life contiene addirittura 18 brani, per la realizzazione di un’opera rock che narra la vicenda di un giovane e sempliciotto operaio in una fabbrica di lampadine, David appunto, che perde la testa per una giovane rivoluzionaria e viene processato in quanto sospettato di essere anch’egli immischiato nella protesta, nonché responsabile della morte dell’amata durante gli scontri di piazza. David, solo ed abbandonato, dovrà dimostrare la propria innocenza, dire addio al suo amore, e trovare il modo di rinascere in qualche modo.
Tre chitarre elettriche, basso e batteria inesorabilmente portano ad un deciso assalto r’n’r, sebbene passaggi spesso articolati e tutt’altro che scontati vengano esponenzialmente caricati dal ringhio continuo e spietato del cantante Damian Abraham, uno con carisma da vendere che deve conoscere molto bene l’hardcore degli anni 80 – Black Flag, Husker Du, o i più moderni Casualties – poiché ne riprende appieno l’approccio grezzo e sopra le righe.
Bellissime canzoni come ‘Queen of Hearts’ (caricatissima, con l’alternanza vocale maschile/femminile, rabbia/ delicatezza), ‘A Little Death’ (muscoli rock’n’roll allo stato puro, con tre chitarre ruggenti), ‘Life in a Paper’ (squarci psichedelici, un sospiro di sollievo per poi ripartire a tutta birra) e ‘Running on Nothing’ sono gli episodi di punta del disco.
Il progetto, dunque davvero ambizioso, riesce senz’altro a vincere la sfida, e anzi possiamo dire che si tratta di un lavoro di gran valore, il cui limite può essere semmai in una certa monoliticità del linguaggio – soprattutto nell’urlo del cantante – portata avanti forzatamente per ben 18 brani.
Autore: Fausto Turi