I tedeschi Donots sono attivi dal 1993, e l’etichetta Chorus of One porta in Italia questo loro ottavo disco (pubblicato dall’etichetta della band, Solitary Man records) arricchito da 6 bonus tracks, per 58 minuti di punk rock americano nell’anima, cantato in lingua inglese.
Il tatuatissimo gruppo, formato da Ingo Knollmann (voce), Guido Knollmann (chitarra), Alex Siebenbiedel (chitarra), Jan Dirk Poggemann (basso) e Eike Herwig (batteria), interpreta il punk rock in chiave marcatamente melodica, e proprio qui mostra le sue doti migliori, comprese quelle tecniche, emozionali, ed un uso centrato di coretti, stop’n’go e passaggi articolati di cui non tutti i punk sono certo capaci: doti dovute senz’altro all’esperienza, per una band in giro da così tanto tempo.
Il disco gira però intorno a pochissime idee ampiamente sviluppate – velocità, potenza, ritornelli, melodia, volume e una certa amariezza di fondo – e si propone solo agli appassionati del genere, a chi segue l’emo e agli irriducibili di Nofx e Descendents; ci sono anche un paio di brani discreti, quelli su cui i Donots hanno giustamente girato i videoclip promozionali – ‘Calling’ e ‘Stop the Clocks’ – ed una indiscutibile onestà di fondo, per non parlare dell’autoironia, ma anche una buona percentuale di superfluo. Infine una decisa sterzata verso una complessità spiazzante, per chi conosce l’antica immediatezza dei vecchi punk Donots.
Autore: Fausto Turi