Facile cascare in frivoli rimandi made in Usa ascoltando il full lenght d’esordio dei romani About Wayne. Rushism è un prototipo dalle sembianze poco nostrane. L’indicazione che prevale è di un rock muscolare dettato alla perfezione da una ritmica trascinante, che s’aggrappa al deciso timbro vocale del singer Giampaolo Spaziale.
Le venature delle dieci tracce detengono lo spirito che ha dato la fortuna a realtà come 30 Seconds to Mars o Panic At The Disco, formazioni che hanno saputo convogliare la ruvidezza del rock in sfumature più addolcite e radiofoniche. L’atteggiamento in “Black Hole Shoe”, a tratti sincopato e cavalcante, volge il baricentro in quella che può sembrare l’indole dei cinque musicisti laziali, una rincorsa frenetica verso una musicalità puntuale che non perda di sostanza e “rumorosità”. Una tensione dipanata definitivamente in “Caries”, un autentico baluardo d’energia musicale, vibrante e costante nella propria escalation ritmica. Gli stacchi che propongono in “V” e “The Glance Of The Other”, tratteggiano un aspetto più riflessivo e accomodante del bagaglio sonoro degli About Wayne, uno stacco che mette in luce una poliedricità invidiabile.
Un esordio che non teme nulla, deciso e prodotto a regola d’arte, si mostra naturale anche nella rivisitazione di un brano che ha fatto storia, “Eleanor Rigby” dei Beatles, proponendola in chiave rock, cogliendone l’accento più istintivo e trascinante.
Lo scontro con “Bugs” determina lo schianto più vivido e viscerale, l’atto più crudo, a cavallo tra il grunge degli Alice In Chains e le urla dei Foo Fighters, un impatto condito da fraseggi chitarristici di notevole spessore tecnico.
Se d’italiano qui c’è solo l’appartenenza geografica, non c’è da stupirsi se il “linguaggio” dei capitolini non sarà chiaro a tutti. Una filosofia d’oltreoceano che respira la scia di una parabola fortunata e, perché no, funzionale e ben riuscita, che non sempre, ahimè, ha saputo sconfiggere l’ottusità del mercato discografico italiano.
Questo Rushism lascia il segno e lo fa proponendo una fluidità di registro impeccabile, staccandosi nettamente dalla realtà sonica italiana. Un bel disco dal cuore italiano, vestito, ad arte, a stelle e strisce.
Autore: Paolo Pavone