Quello che salta agli occhi, o meglio alle orecchie, subito dopo il primo ascolto di C.C.C. Canzoni a Tempo Determinato dei PuraUtopia, è un perfetto arrangiamento in ogni minimo particolare: i suoni sono estremamente distinti e definiti, così come ci si dovrebbe perennemente aspettare da qualsiasi lavoro che voglia essere preso in considerazione.
La band ci riesce magnificamente, unendo a questo aspetto puramente formale, una grossa componente di attenzione per il sociale.
All’apparenza cinico e distaccato ma, ad una lettura più approfondita decisamente immerso fino ai capelli in quelli che sono alcuni dei problemi più scottanti dell’attualità italiana (ma non solo). Lavoro, o meglio mancanza di lavoro, contratti a tempo determinatissimo, globalizzazione con annessa forbice tra ricchi e poveri del globo, inquinamento elettromagnetico, “papi” vari (e non necessariamente appartenenti al mondo religioso), miscelati in virtuosismi balcanici e substrati rock, tra Bregovic e Queen (oltretutto citati nel secondo brano “La Banda”), tra un innesto cantautoriale da teatro-canzone alla Gaber per quanto riguarda i testi (L’onesto cittadino) ed una ironica marcetta pacifista davvero molto godibile (Cara mammina).
Interessante e divertente il simpatico sfottò di “Guccini non ti sopporto più”, dedicato al cantautore bolognese “causa scatenante del mio umore nero” e di apocalittiche questioni esistenziali, durante il quale, sul piano strumentale, si nota fortemente qualche ispirazione da Elio e le Storie Tese.
Buona prova anche per la “canzone d’amore”, settima traccia dell’album intitolata “Se tu fossi”, fortunatamente fuori dagli standard. L’album si chiude con “Buon Natale”, ulteriore denuncia alle conseguenze della globalizzazione, ed una ghost track (separata giusto da qualche secondo di silenzio dall’ultima traccia) in cui la band ripropone una personalissima Ci vuole un fiore di Endrigo.
Autore: Alfredo Capuano