Tocca a Milo Cordell dei londinesi Big Pink selezionare e mixare la scaletta di questa compilation centrata su un fenomeno – il cosiddetto “witch-house” – per lo più americano, anche se privo di un suo polo geografico ben preciso (pare anzi, ma la certezza non c’è, che la sigla GR†LLGR†LL provenga dalla Danimarca).
Gli elementi chiave sono un immaginario dark-wave più o meno orrorifico, unito a sonorità elettroniche deviate tramite battute hip-hop, spirali dub e grumi synth-punk, ma di fatto abbiamo a che fare con una miriade sparsa di gruppi difficilmente identificabili sotto una comune denominazione e ancor più difficilmente inquadrabili considerando che nota caratterizzante di questa presunta scena è una scarsissima circolazione di notizie e una diffusione del materiale affidata per lo più ad internet piuttosto che ai tradizionali canali discografici.
Potrei anche essere clamorosamente smentito, ma francamente non so se tra qualche mese sentiremo ancora parlare dei vari Active Child, Henny Moan, Sewn Leather, Love Distance, Actress, yusuf b, e magari ai gruppi in questione tornare/rimanere nell’anonimato non dispiacerà neppure, vista la loro vocazione a muoversi nell’underground più sotterraneo lasciando poche tracce dietro di loro.
Senza aver ancora recuperato l’album dei Salem “King night” – intanto mi ascolto piuttosto scettico l’electro pacchiana della loro “Dirt” – mi sembra che gli sviluppi più interessanti sia lecito attenderseli dai nomi riconducibili all’etichetta newyorchese TriAngle, vale a dire gli oOoOO e soprattutto Balam Acab (ottima la dubstep febbricitante di “See birds“); poi brani niente male li offrono qua e là i vari GR†LLGR†LL (il rumorismo al rallentatore della sulfurea “Slow dancing“, attraversata da voci malate), The xx (un muro eretto dai sintetizzatori fatto vibrare da percussioni metalliche sotto le nuvole sfrigolanti di “Fantasy“) e Joker (lui per la verità è un producer inglese sostanzialmente lontano dalla scena “witch”, ma i breaks nebulosi di una pop-song sfasata quale “Snake eater” non suonano così estranei al resto della scaletta); ed evitiamo ovviamente di commentare i Gang Gang Dance, presenti con la loro “Ego war” e con un remix di “Velvet” degli stessi Big Pink, in quanto già emersi da diversi anni e qui inclusi più che altro per un discorso di affinità, quasi eletti tra i possibili progenitori della specie.
Tutto questo, in attesa di ricevere ulteriori segnali da questo criptico mondo stregonesco.
Autore: Guido Gambacorta