Riformatisi improvvisamente nel 1996, i Radio Birdman – il più leggendario gruppo australiano – sono rimasti sulla breccia per undici anni. Fino al 2007, anno in cui hanno definitivamente posto la parola fine alla loro straordinaria avventura musicale. Nei due lustri in cui sono stati nuovamente assieme Rob Younger, Deniz Tek e soci hanno lasciato il segno: con due dischi, il live “Ritualism” (1997) e l’album “Zeno Beach” (2006), e soprattutto con una serie di tournèe entusiasmanti, tre delle quali hanno toccato anche l’Italia, rispettivamente nel 2003, 2006 e 2007.
La formazione dell’ultimo tour si componeva dei tre membri originali Rob Younger alla voce, Deniz Tek e Chris Masuak alle chitarre, più l’ex Barracudas e New Christs Jim Dickson al basso e Russell “Rusty” Hopkinson alla batteria.
La band aveva dovuto rinunciare al tastierista Pip Hoyle, scosso dalla morte prematura del figlio adolescente Will, e questo aveva privato la band di uno dei suoi elementi più originali e fantasiosi. Per ovviare all’assenza determinante di Pip, i Birdman allora puntarono tutto sull’energia. Su un set tirato allo spasimo, vibrante, spigoloso. E su una scaletta perfetta in cui i nuovi i brani si incastonavano con quelli vecchi e con le cover (tre, rispettivamente di Who, Kinks e Blue Oyster Cult).
Concerti dal grande impatto sonoro ed emotivo, che oggi sono documentati da questo “Live In Texas”, pubblicato dalla Crying Sun/Citadel del mai troppo celebrato John Needham.
Sedici brani che fotografano l’energia, il calore, la grinta emanati dai Radio Birdman nel loro tour d’addio e, in particolare, nei due show tenuti a Austin e Houston nel giugno del 2007. Anthem punk come “Murder City Nights” o “What Gives” cedono il passo a episodi più recenti, ma non meno incisivi, come “We’ve Come So Far, To Be Here Today” o “You Just Make It Worse”.
Le cover di “Circles” e “Til The End Of The day” mostrano una nuova veste, più dura, mentre i wah-wah di Tek e Masuak e la voce oscura e lirica di Rob Younger sono le armi vincenti in un classico come “Hand Of Law” e nella nuova, splendida “Locked Up”. Ma anche nel finale effervescente di “I-94” che scivola senza soluzione di continuità in “Hot Rails To Hell” dei Blue Oyster Cult.
Passato e presente che si fondono. Un addio al fulmicotone. Un disco live di rara potenza, non solo per i fan del gruppo australiano.
Autore: Roberto Calabrò