Figlia di iraniani trapiantati negli Stati Uniti, lei nata a Seattle ma attualmente di stanza a New York – Brooklyn per l’esattezza – Sara Kermanshahi in arte Natureboy esordisce sulla sempre valida Own Records avvalendosi della produzione di Cedar Apffel, già suo compagno d’avventura nella band House on a Hill.
Appena trentasei minuti per nove brani (otto canzoni più il crepitante bozzetto strumentale di “Railroad Apt.”), comunque sufficienti per presentarci al meglio questa cantautrice folk, la cui voce – tra le corde di Cat Power e quelle di una Thalia Zedek anoressica (“Famous sons“) – accoglie le orchestrazioni circolari di “Curses fired“, insegue l’essenzialità rock di Pj Harvey (“Pariah“), si fa diafano riverbero nel crepuscolo di “Dither“, galleggia tra i loops dell’eccellente “Heart to fool“, si sporca percorrendo le stesse strade polverose di Smog e Bonnie Prince Billy (“Over and out“). Una bella promessa per il futuro.
Autore: Guido Gambacorta