E’ uscito alla fine di marzo il nuovo album dei Trabant, la band triestina che da qualche anno solca i cieli dell’indie rock italiano, forte di un innegabile talento ed una spiccata propensione al “dance floor”, già dimostrati con music 4 losers, loro primo full lenght, facendo ballare folle scatenate sulle note di “Waste of Time” o di “ Tonight Party”, ma si parlava spesso di cassa in quattro, hi-hat in levare e riffone che poteva andare per ore senza mai stancare. A distanza di qualche tempo tornano sulle scene con un album diverso, dimostrando di esser cresciuti un bel po’, in composizione, nella scrittura dei testi, ma anche nell’immaginario complessivo che avvolge l’identità dell’album e della band stessa. “Trabant” è un album maturo, ma che conserva ancora una spensierata freschezza ed una leggerezza che si sposa bene con l’ondata di potenza incalzante che contraddistingue la prima parte del disco…almeno fino al mio pezzo preferito….Mademoiselle PMD. C’è proprio di tutto in quest’album… pezzi forti e di violentissimo impatto, electroballad dalle melodie coinvolgenti, ritmi latini e sonorità esotiche che colorano alcuni momenti di piacevole vivacità. Ma anche cambi drastici di ritmo tipici del prog, ben dosati, che non sfociano mai nel “troppo che storpia” e poi l’electro-funk “tzigano” nel finale di Scorpio vs gemini. Insomma si sono dati un bel da fare con questo disco, anche ad allontanare dal loro sound la possibilità di fare accostamenti ovvii e paragoni che, con ragione, non sono ben graditi ai musicisti. Forse solo in alcuni momenti ho pensato ai Phoenix ante-Lisztomania e un riff in un pezzo che mi ha ricordato troppo la bass line di Brothers and Sisters dei Blur, ma nulla di eclatante, Trabant è un bel disco, con una magistrale produzione ed un buon missaggio, un sound che fa sperare che prima o poi si superi il solito leitmotiv che nulla di buono può uscire da questo paese. I ragazzi triestini sono pronti a varcare la soglia. È ora di superare i confini e di conquistare nuovi consensi in tutta Europa.
Autore: Riccardo Abbruzzese