Vi ricordate Antidotes, primo lavoro dei Foals? Ecco, dimenticatelo. I cinque ragazzi capitanati da Yannis Philippakis sono cresciuti e “Total Life Forever” è la dimostrazione di questa maturazione. Uscito l’11 maggio scorso in Inghilterra il disco è stato anticipato dal singolo “This Orient”. Come si può definire questa traccia? Nei Foals ora non ci sono più quelle risonanze dance un po’ rock fatte di chitarrine e ritmo forsennato, c’è di più; in “This Orient” i ragazzi di Oxford han saputo mescolare diversi sounds spaziando dall’elettronica all’alternative music senza tralasciare la parte vocale non più urlata ma ricercata e studiata a puntino per fondersi alla perfezione con la melodia.
“Blue Blood” traccia di apertura non fa altro che ripetere questa novità fatta di esperimenti e raffinature ritmiche. C’è tutto, ma non è un pasticcio è una miscela che non smette di stupire che cresce, esplode e regredisce minuziosamente senza tralasciare alcuna nota. “Miami” è funky, quasi hip hop anni 90, mentre “Total Life Forever“, la title-album, ricorda a tratti il vecchio pezzo “Cassius” che aveva fatto ballare la teen series più cruda degli ultimi anni Skins. “Black Gold” è una morbida progressione dance in cui la voce di Yannis è un tutt’uno con l’imperterrito riff di chitarra, meraviglioso come non mai; la durata oltre i sei minuti non fa altro che amplificare questa abilità di spaziare altri universi musicali espandendosi oltre il confine che si era creato nel loro precedente album. “Spanish Sahara” prosegue sulla stessa linea ritmica e appare come lo specchio dell’intero album: un riflesso che mostra in sette minuti il fulcro dell’intero lavoro. “Fogue” è un intermezzo strumentale di quarantanove secondi che funge da punto di nuova partenza che ci introduce verso la fine dell’album, concepito come un unico brano. Così si susseguono ancora “After Glow” ritmica e intensa, e “Alabaster” soave e delicata, dove gli spasmi dettati dalla batteria non spezzano la musicalità ma la potenziano creando un vortice di note intricate. Così si arriva “2 Trees” dove ancora una volta il riff è forsennato e perfettamente ricercato e la voce di Yannis non sembra mai cedere proseguendo sempre sulla stessa linea melodica, incessantemente. ”What Remains” è il pezzo conclusivo; troviamo di tutto: funky, hip hop, rock, un pizzico di shoegaze e chi ne ha più ne metta. L’importante è che non sia un pasticcio e i cinque di Oxford han perfettamente rispettato la regola dando vita per definizione ad un album unico.
Autore: Melissa Velotti