Zach Tillman ha un fratello illustre, quel Josh Tillman bravo sia come solista folk che come batterista dei Fleet Foxes. Ed è così che l’ha scovato Simon Raymonde della Bella Union, decidendo di produrre il primo lavoro dei Pearly Gate Music, progetto dietro il quale si nasconde il lavoro di home recording di Zach nella sua casa di Deadbeat Street a Seattle.
Come prova iniziale, il suono dell’album risulta particolarmente classico: è un mix di folk, ballate struggenti ma mai negative, come If I was a River, o Navy Blues,e energia acustica e non solo che esplode in pezzi travolgenti come Big Escape, davvero un classico rock and roll d’altri tempi, o in Gossamer Hair o nello spensierato pop-folk di Oh What a Time! Vi sono anche delle vere e proprie nenie leggere come l’aria Golden Funeral o Rejoice, non a caso pezzi che aprono e chiudono l’album, e dove più ci si avvicina al sound del fratello Josh.
Qualche episodio meno felice, poco convinto, come I woke up o Bad Nostalgia, non rovinano complessivamente la freschezza e la leggerezza che vengono fuori dal suono delle chitarre acustiche e di una batteria castigata ma precisa. Il sound è volutamente anni ’50, e viene in mente Roy Orbison e la sua generazione. Per cui Pearyl Gate Music è un altro episodio, riuscito, di quel riemergere della cultura rock and roll dell’America di allora lanciato, pur con modalità diverse, dai The Velvet Underground, Pavement e Neutral Milk Hotel. Per gli amanti del genere, ma non solo.
Autore: Francesco Postiglione