Spesso ci troviamo a sottolineare come la musica estrema, angosciante, brutale, disperata e rumorosa rappresenti piuttosto bene la nostra epoca, essendo la reazione prevedibile ad una società profondamente ingiusta, cinica e ipocrita, che spaccia per valori denaro e successo, speculando su altri come la famiglia e la religione, e sulle paure della gente, mortifica diritti come il lavoro e la sicurezza, isola gli individui. I 400 Colpi sono una band metalcore che si muove sull’asse Venezia-Bologna, nel ventre grasso dell’Italia, dove pure a quanto pare non tutto fila liscio, malgrado standard di vita molto alti, e così questo disco d’esordio, intitolato ‘Homo Homini Lupus’ constata amaramente già dal titolo e dall’immagine di copertina il quadretto di cui sopra. Ma l’amarezza non fa chinare il capo, piuttosto lascia spazio ad una rabbia tremenda, in 10 brani di forte impatto sonoro chitarristico, con una batteria metal che spinge sul doppio pedale, ed un cantante dalla voce impostata growl, senza filtri vocali, con seconda voce del chitarrista a completare le strofe. Tutto molto diretto e spontaneo, un urlo feroce che si alza dalle periferie a dire ci siamo anche noi, anche se non appariamo in questo Mondo televisivo, ed un orientamento più hardcore che metal, in ogni caso, che francamente è il benvenuto, poichè di gruppi metalcore d’oltreoceano, dal suono supercompresso, ne abbiamo fin su i capelli; qui in Homo Homini Lupus c’è molta della storia dell’hardcore old school italiana degli anni 80, ad ogni modo.
L’album si apre con ‘Kane’, sul peso enorme dei mass media e sul loro essere strumento di consenso e manipolazione; poi c’è ‘M’, canzone claustrofobica che invece parla di disagio ed angoscia esistenziale. ‘Neve’, poi, sfata un tabù di cui si canta pochissimo: la pedofilia degli uomini di chiesa, e più avanti ‘Stato d’Assedio’ si scaglia ancora contro la chiesa romana ed il suo condizionamento. ‘Hibakusha’ è una canzone violentissima ma con passaggi articolati, e narra di una ragazza sopravvissuta ad Hiroshima, ma a costo di terribili malattie; e contro la guerra è pure ‘Sabra e Chatila’, che narra della strage libanese del 1982, di cui parla anche il bellissimo film dell’anno scorso intitolato Valzer con Bashir. ‘L’Uomo Infesta’ ribadisce la teoria secondo cui l’uomo si comporta come il virus del pianeta Terra, mentre ‘Tempi Moderni’ è per gli operai che muoiono in fabbrica, bruciati vivi, e probabilmente si commemorano innanzitutto i 7 morti della Thyssen di Torino, del 6 Dicembre 2007.
Autore: Fausto Turi