Fanno tesoro del un patrimonio indie rock americano soprattutto degli anni 90, i tre componenti degli Armstrong?, torinesi, e mostrano grandissima maturità esecutiva, e discrete doti di scrittura, e certamente la postproduzione del lavoro fatta negli Stati Uniti, a Chicago, da Carl Saff, sui nastri incisi in Italia, contribuisce a rendere Collateral un album coinvolgente, in grado di richiamare per bene una fase preziosa della storia del rock, in cui i nomi di Dinosaur jr e Pavement significavano al contempo passione, arroganza e delicatezza, volume e suoni psichedelici, intimismo, istinto e rifiuto della matematica applicata alla musica a tutti i costi. Certo quei tempi sono anche lontani, e Collateral, come disco pubblicato nel 2010, non può farci gridare al miracolo, ma neppure vorremmo dare l’impressione che si tratti di un lavoro fuori dal nostro tempo, perchè così non è.
Partiamo da ‘Wireless Crimes’, settimo brano di un album interamente cantato in lingua inglese: il brano è un superbo tappeto elettrico chitarra, basso, batteria, e voce in falsetto nello stile di J Mascis, oppure ‘A Certain Inclination’, veloce e cazzuta canzone su traiettorie Fugazi [ah… quanto ci mancano i Fugazi!] ed Husker Dü, con tanta adrenalina in corpo. Nonostante Collateral vada giù che è un piacere, indubbiamente parla un linguaggio non solo poco attuale – e di ciò, tutto sommato, cosa importa… – ma anche troppo poco originale. Insistere maggiormente su synth e piano rhodes, strumenti del resto già usati dal terzetto, potrebbe magari dare agli Armstrong? nuove prospettive, in questo senso, non tanto più moderne, quanto più varie ed imprevedibili. La strada intrapresa dalla band in ogni caso è interessante, e viva gli anni 90 e le camice di flanella!
Autore: Fausto Turi