Le Dum Dum Girls – nome parafrasato da una vecchia canzone di Iggy Pop intitolata ‘Dum Dum Boys’ – sono un gruppo retro pop di Los Angeles tutto al femminile, formato da Dee Dee (voce e chitarra), Jules (chitarra e voce), Bambi (basso) e Frankie Rose (batteria e voce). I will Be è il loro disco d’esordio per l’etichetta Sub Pop, e contiene 11 canzoni che ripropongono le atmosfere doo-wop dei gruppi femminili anni 60, neri soprattutto – Ronettes, Supremes, Shirelles – ma anche bianchi – Shangri-Las, Dusty Springfield – contaminando quei suoni vintage zuccherosi, e quei controcanti armonici a più voci, con stacchi chitarristici però più energici e testi un po’ meno ingenui, con elementi cioè moderni che in particolare ci ricordano il pop di fine anni 70 e inizio 80 dei Blondie, o più recente, dei Ravionettes.
L’album dura meno di mezz’ora, e senz’altro farà felice chi ama questo tipo di musica pop apparentemente inconsistente e inafferrabile, ma pur tuttavia emozionante, dolcissimo, che negli ultimi due anni sta tornando di moda grazie al discreto successo di Pipettes, Vivian Girls, Crystal Stilt e Lichtenstein, rispetto alle quali le Dum Dum Girls hanno forse meno efficacia e slancio nella scrittura e meno coraggio nei cori, ma anche una maggiore componente lo-fi e psichedelica nel suono, che le fa assomigliare moltissimo ai vecchi Vaselines.
Inizialmente questo era soltanto un progetto solista dell’attraente leader del gruppo Dee Dee, che pubblicò così anche un paio di Ep, poi nasce la band, con la quale in studio, per la realizzazione dell’album, hanno collaborato pure Nick Zinner (Yeah Yeah Yeahs) chitarra aggiunta in ‘Yours Alone’, Brandon Welchez (Crocodiles) voce e chitarra in ‘Blank Girl’, infine Andrew Miller, chitarra in varie tracce. Le canzoni migliori della band sono ‘Blank Girl’, una favolosa ballata fuzz rallentata e semplice semplice, con alternanza di voci femminile/maschile, poi ‘Jail La La’, primo singolo estratto dal disco, per il quale è stato girato un videoclip in uscita a quanto pare tra poche settimane, ed ‘I will Be’, lo-fi sbarazzino con stacchetti corali che galleggiano eterei nell’aria. Un paio di canzoni sono inni alla marijuana più o meno celati, ma una nota la merita pure la conclusiva ‘Baby don’t Go’, solo voce e chitarra fuzz arpeggiata, con un esile raddoppio vocale nel ritornello.
Autore: Fausto Turi