Con gli Interpol l’abitudine è quella di ammirarlo algido e deliziosamente profondo, elegantissimo di fasciato in nero, con l’immancabile sigaretta e la fedele chitarra, malinconico e raffinato come fosse la reincarnazione di Ian Curtis.
Lui è il loro leader, Paul Banks, che se con gli Interpol sta per finire il quarto album della carriera, da solista ha recentemente vestito i panni di Julian Plenti, suo alter-ego artistico, perfezionista ed impeccabile, che dalla sua Grande Mela riesce, più spigliato e sorridente, con “Julian Plenti Is… Skyscraper” a collezionare una serie delicatissima e impeccabile di canzoni strappa-cuori, ballate contemporanee attraverso le quali Paul/Julian esaspera il romanticismo errante della sua band, sperimentando nuovi universi sonori.
C’è lo stampo di album “Turn On The Bright Lights” e “Our Love To Admire” nel singolo prescelto per presentare al mondo l’album stesso, “Games For Days”, e la consueta riverente subordinazione alla new wave di stampo dark e mitigata dal pop ma ricca di fascinazioni moderne e metropolitane, e vincente in quella voce baritonale da manuale.
Ma l’album non si limita a questo, perché con “Only If You Run”, si affacciano melodie vagabonde e convincenti, con “No Chance Survival” l’atmosfera di fa calda e tetra, per una lullaby sofferente, con “On The Esplanade” l’artista si mette a nudo sintetizzando una passione travolgente per la matrice cantautorale e soffice nell’apparente minimalismo di una chitarra classica (sospesa però tra violini e intermezzi vocali sintetici, mentre con “Fly As You Might” si fa spazio un post-rock azzardato e compiaciuto di dilatazioni sconvolgenti, il ritornello ipnotico di “Fun That We Have” inquieta e l’amarezza strumentale di “Skyscraper” trionfa per dolcezza agrodolce di amori incompiuti.
Oscuro nell’anima e nella propensione artistica Paul Banks risulta ottimo anche senza la sua già storica band, tra glaciali influssi misteriosi e malinconie geniali.
E’ lui il nuovo Ian?
Autore: Ilaria Rebecchi