Se da una parte l’industria discografica corre sempre più veloce, schiacciando trend e gruppi uno dopo l’altro neanche fosse un caterpillar, dall’altra esistono ancora formazioni a cui importa poco o nulla dei ritmi imposti dal music-biz. Come i Reigning Sound, la band americana guidata da Greg “Oblivian” Cartwright che tira fuori un disco solo quando ha qualcosa da dire. Anche se tra una prova e l’altra passa un lustro. Come nel caso di questo eccellente “Love And Curses” che segue di cinque anni il capolavoro del gruppo di Memphis, “Too Much Guitar”. Fedeli all’idea iniziale di un progetto che li vuole tra gli interpeti principali della rinascita del suono americano, riveduto e corretto, i Reigning Sound mettono in fila 14 episodi in cui garage, rock’n’roll e soul sono fusi in un unico calderone sonoro. In cui, per una volta, non prevale la furiosa attitudine garage-punk della band, ma una più riflessiva e ispirata vena soul. Facendo un ampio uso di chitarre elettro-acustiche, di organo hammond e della voce, tanto sgraziata quanto espressiva, di Mr Cartwright, il quartetto statunitense firma il disco più maturo di una carriera ormai lunga quasi dieci anni. Sono “Brake It” e la splendida “Trash Talk”, due brani intrisi di soul e aromi sudisti con l’organo che ne ammanta la veste sonora, ad aprire le danze. “Love And Curses” prosegue, poi, con il grezzo rock’n’roll di “Call Me” che ricorda gli Oblivians e con una ballata coinvolgente intitolata “The Bells”. Sembra proprio che tutto lo svolgersi dell’album si giochi su questi due elementi: il rock’n’roll a bassa fedeltà e le ballate ricche di pathos, con una leggera prevalenza di queste ultime. E così se “If you can’t come back” e “Stick Up For Me” svelano l’anima grezza e garagistica dei Reigning Sound, episodi come “Something To Hold Onto” e “Polly Anne” ne mettono invece in mostra il lato più riflessivo e intrinsecamente ricco di soul. Dimostrando come, pur restando fedeli a un’idea di rock’n’roll, il suono di un gruppo possa evolvere e regalare sempre nuove emozioni. Per chi scrive, disco dell’anno.
Autore: Roberto Calabrò