E così anche per i pisani The Zen Circus è giunto il momento di un disco cantato interamente in italiano. Dopo le ottime prove fatte con “Figlio di puttana” e “Vent’anni” sul penultimo “Villa inferno”, il trio si è deciso definitivamente a cantare nella lingua madre. Tuttavia, i tre toscani, come hanno sempre fatto, non vogliono smettere di stupire e di dar fastidio, così, hanno deciso di utilizzare per quest’ultimo lavoro un titolo provocatorio, riprendendo la tradizione degli Skiantos. Ma a provocare non è soltanto il sagace titolo, ma quasi tutti i testi, sempre sostenuti da un folk-punk graffiante e mai domo, seppure, spesso sorretto da un’impostazione elettroacustica. La loro anima fottutamente punk emerge così, oltre che nell’insofferente title-track, dedicata alle mode, alle pose e a chi si adatta bene allo schifo di oggi, nell’anticlericale gospel “We want just live”, che fa tornare alla mente lo “Spiritual” del primissimo De Andrè, brano che fa il paio con la geniale “Canzone di Natale”, brano che una volta per tutte dichiara la secolarizzazione di una festa ipocrita. Ottimo l’innesto di Nada, che presta la sua voce per il bel rock elettrico di “Vuoto a perdere”. Colpisce poi il cinismo di “It’s paradise”, brano nel quale a metà strada i tre pisani decidono di cambiare registro stilistico, passando dal folk-punk al tex-mex di morriconiana memoria. Speriamo che questo disco dia fastidio a molte persone.
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Autore: Vittorio Lannutti