Per forzare i recinti opprimenti dell’ovvio e del banale, in musica, ci si può avventurare sul sentiero impervio e rischioso dell’avanguardia, lasciando perdere del tutto la forma canzone tradizionale, concentrandosi piuttosto nella composizione di strutture assolutamente free form, che dosino capacità d’esecuzione e ricchezza orchestrale con un “primitivismo” che ci ricordi che la musica è nata con l’uomo, alla ricerca di ritmi non per forza strutturati, ed anzi istintivi, per rispondere ad una sua precisa esigenza spirituale ed intima, oltre che comunicativa e sociale.
Il quintetto dell’Oregon, West Coast, originario però del Massachusetts, sulla East Coast, debuttò nel 2007, si sceglie per quest’album una bellissima copertina policromatica – il nome della band si pronuncia “ei-you” – e ruota intorno al leader Luke Weyland, che coinvolge artisti di varie band come i bizzarri – mai quanto gli Au – Parenthetical Girls. Gli Au inseriscono nella propria musica d’avanguardia – per pianoforte, batteria, basso, voce, clarinetto, ottoni e molti altri strumenti – varie scorie di jazz e psichedelia, vaudeville, avant folk, gospel, ambient e sinfonia, il tutto sempre asservito alla rappresentazione di una spiritualità naturalistica ed hippie, ma portata avanti in ogni caso con rigore e metodo piuttosto accademico. Laddove lo strumento più importante dell’album, fin qui non ancora citato, è un coro di 21 voci maschili e femminili, che salmodiano e creano soffici e/o gioiose suggestioni mistiche.
Per quanto gruppi come Animal Collective, Akron/Family ed Old Time Relijun siano riusciti ad andare anche in un certo senso “oltre”, non fermandosi al solo raga spirituale ma esplorando anche il rock, gli Au di Verbs, specializzandosi, invece, approfondiscono questo tema psichedelico in un album assolutamente non facile, e a dirla tutta solo in alcuni episodi davvero coinvolgente (forse anche per la scarsità di percussioni), che suscita interesse però grazie alla sontuosità para orchestrale ed al rigore messo nell’esecuzione, che a tratti fanno sembrare alcuni brani opere di John Cage, o di Luciano Berio.
Autore: Fausto Turi