Una mia personalissima ipotesi sulla genesi di questo disco: James Ford e Jason Shaw, in arte Simian Mobile Disco, si trovano nel loro studio personale. Ascoltano a tutto volume il risultato della pre-produzione dei pezzi per il disco nuovo. Si guardano interdetti e sconsolati. James fa: “Jason, diciamola tutta, co’ ‘sta roba non andiamo da nessuna parte”. “Hai ragione…però…una soluzione ci sarebbe” – gli risponde Jason illuminato da un barlume di speranza. “Le special guest!” urlano entrambi, e si stappano soddisfatti un’altra birra. Dieci minuti dopo si ritrovano a sfogliare le loro agendine. In men che non si dica vengono coinvolti (a distanza, suppongo…in certi casi incontrarsi fisicamente non è indispensabile) una serie di personaggi, più o meno affini al mondo musicale del duo, da Beth Ditto dei Gossip a Gruff Rhys dei Super Furry Animals, da Alexis Taylor degli Hot Chip a Jamie Lidell. E ancora: Young Fathers, Telepathe, Chris Keating.
Tutti chiamati a cercare di risollevare le sorti di un disco poco convincente.
A conti fatti, però, temo che la “chiamata a raccolta” di amici e conoscenti sia stata ben poco produttiva. Fumo negli occhi dei potenziali acquirenti o poco più. “Temporary Pleasure”, promette nel titolo un piacere effimero. Peccato che non riesce a suscitare altro che una noia pazzesca. I S.M.D. non fanno altro che inanellare uno dietro l’altro una serie di cliché della musica dance e dell’elettronica di facile consumo in generale. Il disco non decolla quando lambisce territori electro-pop (“Cream Dream”, con la voce di Rhys), sembra una copia sbiadita dei singoloni da classifica quando s’inoltra in territori r’n’b-black (la cafonissima “Audacity of huge”, con Keating; la “souleggiante” “Cruel Intensions” con la Ditto a svolgere un compitino vocale che più banale non si può) e suona terribilmente “già sentito” quando si muove in più consoni territori electro-dance (“10000 horses can’t be wrong”, con i suoi riff di synth ammuffiti). Non bastano l’estro del funambolico Jamie Lidell (in “Off the map”) né l’eleganza di Alexis Taylor (la cui voce si ritrova a vagare spaesata tra i suoni pacchiani di “Bad Blood”) ad alzare la qualità di un prodotto ruffiano, fastidiosamente “piacione”, ma terribilmente povero di idee. Per farla breve, se non si fosse capito: potrei elencare almeno quattrocentosessantadue modi migliori per investire i vostri denari.
Autore: Daniele Lama