Non è che si elevi tutto al di sopra del prevedibile, in questo disco, né che ci siano cose originali ed imperdibili, e neanche si può dire che i testi siano sempre riusciti, ma bisogna dire che questa musica, questa sorta di soul strascicato, pigro e buttato lì apparentemente senza starci a ragionare più di tanto, riesce anche a confortare e scaldare l’anima, nei momenti bui, e a dare qualche dritta, su questioni non da poco come amore, perdizione, morte e fede; c’è molto Dio, nei testi di queste 10 canzoni, un Dio cui stavolta affidarsi senza paura. Che poi Pink Mountaintops sia “solo” un progetto laterale di Stephen McBean, leader dei granitici ed oscuri Black Mountain, non significa che col tempo questo non possa crescere, dal momento che è già al terzo disco dal 2004 ad oggi, fino ad uguagliare il progetto madre. Grande sensibilità da black music tradizionale, suono psichedelico e marziale molto anni 70, ma soffice, pop, impastato con tastiere e chitarre stratificate, fuse in un’unica “onda” sonora come fosse un gigantesco organo di chiesa: pigra ma inarrestabile come la marea; e qua e là risvolti country, e malinconie eleganti assortite, tra Mark Lanegan ed il Roger Waters degli anni 80. Il pezzo forte è ‘While we were Dreaming’, assieme ad ‘Outside Love’, con dei cori femminili coinvolgenti, a sostenere i ritornelli, e a fare l’affresco abbastanza efficace, seppure un po’ retorico e da cartolina, di un Canada sempre più autorevole, nella musica rock, che inevitabilmente però resta legato a doppio filo con gli Stati Uniti d’America.
Autore: Fausto Turi