Un ep alle spalle, e adesso un lavoro sulla lunga distanza per questo quartetto milanese dedito ad un magmatico stoner-rock reso ancor più incandescente da continui lampi psichedelici.
Scorro con lo sguardo le note interne del cd e leggo che tra i responsabili del suono figura Martin Feveyear, uno che nel suo curriculum vanta collaborazioni con gente del calibro di Mudhoney, Screaming Trees, The Minus 5, Kings of Leon, Queens of the Stone Age… E proprio al gruppo di Josh Homme rimanda l’iniziale “Spoon”, così come più in là “Santa sangre” (che immagino ispirata alla pellicola di Jodorowsky), ma in realtà i Veracrash si dimostrano già maturi e risoluti nell’affermare la propria personalità anche là dove tributano i giusti onori ai maestri Kyuss e (primi) Motorpsycho.
Punti decisamente a favore della band sono un cantato in inglese assai convincente e soprattutto la capacità di fondere insieme impetuose cavalcate stoner (“Broken teeth, golden mouth”), sferzanti ventate psych-blues (l’eccellente “Snakes for breakfast”) ed affascinanti slanci melodici (“Jeeza”). Disco ben prodotto ed ottimamente suonato, con scaletta bella compatta dall’inizio alla fine ed un episodio (fin troppo) blonde-redheadiano – “Russian roulette” – come possibile via di accesso verso scelte future più sofisticate dal punto di vista vocale e meno arrembanti dal punto di vita chitarristico.
PS: Forse è solo una mia suggestione, ma l’artwork di “11:11” mi riporta alla mente l’immagine di copertina del primo disco dei Black Sabbath: niente misteriosi casolari sullo sfondo né arcane figure in primo piano, ma il bosco sembra proprio lo stesso, semmai qui ancora più fitto ed impenetrabile…
Autore: Guido Gambacorta