Il terzo album del gruppo del chitarrista napoletano Riccardo Prencipe, segna probabilmente un vertice assoluto, risultando più omogeneo del precedente, pur bello, ‘Volotà d’Arte’, e focalizzandosi compiutamente su un’estetica gotica fatta di cristallina musica acustica per ensamble e voce femminile, che esplora in realtà l’Uomo, e la sua umanità smarrita, in quest’epoca buia, per certi versi più del Medioevo stesso. E c’è un richiamo al reale, al materiale, stavolta, già nel titolo del disco: ‘The Stones of Naples’, titolo più che mai concreto, che si contrappone nettamente ai titoli ben più concettuali dei lavori precedenti, che erano ‘Respiri’ (2005) e ‘Volontà d’Arte’ (2007).
Se il Medioevo, non da ora, diviene dunque, nella musica dei Corde Oblique, metafora del quotidiano, e dell’animo dell’uomo contemporaneo, in quest’album, come accennavamo in precedenza, in parte s’abbandonano talune sfaccettature anche giocose, rurali e cortigiane dell’epoca buia, spesso anche proposte dalla band in passato, per concentrarsi fortemente qui su atmosfere gotiche e languide, a simboleggiare, di fondo, una visione, di questa umanità sofisticata e smarrita, che si fa ora davvero sconfortata e delusa. La seconda metà dell’album decolla vertiginosamente, esattamente dalla bellissima ‘La Città degli Occhi Neri’ in poi. Mentre i picchi dell’album sono ‘Vento di Sale’, all’inizio del disco, assieme al dittico ‘Barrio Gotico/Il Castello di Avella’. Coerentemente con la più forte componente gotica, in ‘The Stones of Naples’ c’è molto meno spazio che in passato per il violino del bravo Francesco Notarloberti, il pianoforte di Luigi Rubino, ed il clarinetto di Franco Perreca, e più spazio alla disarmante chitarra classica solista, splendida e suggestiva anche e soprattutto negli strumentali. Nessuna voce maschile, stavolta, ed al solito invece molte le voci femminili: sei, che tuttavia sembrano una sola, e vanno citate: Caterina Pontrandolfo, Floriana Cangiano, Claudia Sorvillo, Monica Pinto, Geraldine Le Cocq, ed Alessandra Santovito; come va citata anche la cover di ‘Flying’ degli Anathema, laddove, nell’album precedente, c’era una versione acustica di ‘Kaiowas’ dei Sepultura.
Autore: Fausto Turi