Comincia e si chiude con due ballate acustiche il primo album da solita di Dan Auerbach, del duo Black Keys, originario dell’Ohio, e immerso fino al collo nella musica americana delle radici, quasi a voler inaugurare un genere nuovo e staccarsi con un colpo dal proprio passato. Ma è un’impressione falsa, perché poi l’album, uscito per l’etichetta Nonesuch Records, si sviluppa tutto intorno a sani blues elettrici dalle armonie spesso dissonanti, cantate con voce sciamanica e ipnotica. Se quindi nel primo pezzo Dan cita esplicitamente lo Springsteen acustico con Trouble Weighs a Ton, e la California-folk con il pezzo finale Goin’Home, già con I want Some More e HeartBroken in Disrepair l’album prende forma intorno alla chitarra elettrica e ai ritmi che scandisce con i suoni sincopati.
A questo punto le citazioni si sprecherebbero: c’è tanto dei Cream di Clapton, qualcosa dei Led Zeppelin, qualcosa del Dylan elettrico (Whispered Words, per esempio), ma soprattutto è l’America degli ultimi 30 anni di musica a farla da padrone, su tutti i Television di Tom Verlaine e Johnny Cash.
I fan dei Black Keys probabilmente non apprezzeranno l’ennesimo tentativo (ormai un clichè) del cantante e chitarrista di fare il boom da solo, privandosi in questo caso del valido produttore e drummer Patrick Carney, dopo 5 album ben piazzati e molto amati tutti pubblicati dal 2000 ad oggi.
E magari è vero che nel classico tentativo di spaziare oltre gli orizzonti soliti del suono di band, Dan Auerbach perde qualcosa della magia dei Black Keys, però va apprezzato comunque il grande lavoro di esplorazione e spolvero che il buon Dan fa della tradizione musicale delle sue parti, di cui Keep it Hid sembra veramente un’antologia, con un suono che sembra venire da altri tempi eppure è fresco e puro,e comunque sincero.
Funzioneranno nel disco sempre di più i pezzi elettrici, autenticamente blues, come The Prowl o When I left the Room, o la title track, oltre a quelli già citati, ma non perdetevi chicche come Mean Moonson o la la malinconica When the Night Comes, o il country di My Last Mistake, davvero suono di altri tempi.
Insomma, l’album viaggia con le sue gambe, e regge la competizione con la produzione di band (di cui del resto Dan è l’autore). Se questo sia abbastanza per fargli lasciare i consueti studi di registrazione non giudichiamo, ma è abbastanza per farci godere il puro sound di electric guitar.
Autore: Francesco Postiglione