No, niente ballate acustiche, e nemmeno intro dilatate ed ambient. I Bronx sono primitivi di periferia, intitolano tutti i loro dischi semplicemente ‘The Bronx’ (questo è il terzo) e colpiscono, elettrici e cattivi, come Ivan Drago in allenamento. Hardcore veloce tra vecchia scuola e punk anni 80/90, quello di Bad Religion e Millencolin, ma senza alcun abbellimento, o variazione significativa e originale in fase di produzione o missaggio, se non qualche sporadico ponte cantato a più voci ad omaggiare i grandi gruppi della bay area – i Bronx, del resto, sono proprio di Los Angeles – ma che in ogni caso dà un tono ancor più selvaggio al lavoro. Il suono di chitarra, batteria e basso, è trash’n’roll, mentre il cantante Matt Caughthran, urla come un dannato in ognuna delle 12 canzoni, con un tono spesso sottilmente psicopatico, come nello stile di Jonathan Davis, il cantante dei Korn, nei bei tempi andati. Quella di ridurre ai minimi termini la produzione, è una scelta chiaramente integralista, fatta con coscienza ed orgoglio punk, seppure utilizzare lo stesso suono ringhioso e compresso, e lo stesso ritmo da turbina in tutti i brani, spingerà verso questa band solo coloro che maneggiano questo genere incandescente. Disco che farà perdere la testa a parecchi teenager, crediamo. I Bronx sono incazzati col Mondo intero; la rabbia e, ripeto, l’isteria di questa band, sono contagiose e fanno pensare a tratti persino ai Dillinger Escape Plan meno metallici, ai Clash, agli Ancestors, ma anche agli italiani Dead Dogs, coi quali condividono un culto per il più marcio trash’n’roll. Sarà interessante verificare il futuro dei Bronx, che magari prima o poi sceglieranno di arricchire la propria musica con nuovi spunti, ma che per il momento sono ritmo allo stato grezzo,senza riff, assoli, senza trucco e senza inganno.
Autore: Fausto Turi