Questo quartetto di Toronto, Canada, fa sul serio. E mentre in Gran Bretagna, varie band – ma a conti fatti, oltre ai supremi Editors ed Artic Monkeys e ai discreti Bloc Party e Franz Ferdinand, cos’altro ha prodotto, il fenomeno, oltremanica? – provano a rianimare questa nuova onda della new wave, sperando di mantenerla in vita almeno fino ai festival dell’Estate prossima, quando i giornalisti e le etichette decideranno cos’altro riciclare e rilanciarci, una proposta niente male giunge proprio da dove c’è il vero fermento: dalla periferia del mondo rock.
Il Canada, ormai, sforna rock in quantità, e di buona fattura, ma la cosa interessante, nel disco degli Uncut – per la verità pubblicato Oltreoceano nel 2006 su Paper Bag rec., solo ora ristampato in Europa su Cheap Date – è la solidità del progetto, che, seppure non originale, suona ben a fuoco, appassionato e promettente, in vista di un imminente seguito. Mantenendo la caratteristica drammaticità della wave, ma irrobustendola in chiave indie rock – il suono è prossimo a quello dei Fugazi, idoli dichiarati degli Uncut – il risultato è un disco che, affatto sperimentale, non ammicca però al pubblico in cerca di hit, ed in parte ci riporta ai primi anni 80 – le chitarre stratificate di Chris McCann e Ian Worang, qui, producono l’effetto deja vu delle vecchie incisioni di The Edge, però, ripeto, in versione indie – pur mantenendo un mordente chitarristico duro e puro, tipo Placebo, Interpol, Muse. Di canzoni mozzafiato, poi, ce ne sono, in questo che degli Uncut è il secondo disco – l’esordio, mai pubblicato in Europa, s’intitolava ‘Those who Were Hung Hang Here’ (2004) – specialmente nella prima metà del disco, e s’intitolano ‘Out of Sight’ e ‘New Cities’, malgrado sia chiaro che questa band ha ancora del potenziale inespresso, e promette fragorosi sviluppi.
Autore: Fausto Turi