Dietro questo CD dalla bella copertina, e dalla grafica del booklet che ammicca alla fresca e sgargiante estetica dell’indie rock americano, c’è in realtà un terzetto jazz progressive italiano, che registra 10 tracce strumentali, ognuna di durata media intorno ai 4 minuti e mezzo, nelle quali le tastiere del leader, il mantovano Federico Squassabia, autore in pratica di tutti gli spartiti, delineano musiche “free form”, semplicemente partendo da temi base, ma dallo svolgimento poi imprevedibile, in continua mutazione. Dicevamo della breve durata dei pezzi, che insieme al supporto ritmico “leggero”, di soltanto basso (Stefano Senni) e batteria (l’immancabile Francesco Cusa, pochi mesi fa uscito sul mercato anche col marziale progetto solista a nome “Skrunch”), ed all’attitudine prossima al rock dei tre musicisti, rende l’opera assimilabilissima, moderna e piacevole, anche per chi crede di non essere avvezzo a certe trame musicali complesse, ma in ogni caso provi curiosità verso qualcosa di diverso e d un attimino più “evoluto” della solita pop music. Il terzetto sembra tentare, con un suono scintillante ed elegante, ed una buona, sobria prudizione, di attualizzare e contestualizzare, in chiave “europea”, il jazz moderno americano, la no wave di John Zorn, Arto Lindsay e Lounge Lizards, Bill Frisell, passando raramente da temi tradizionali (‘No Loser’), più spesso su divagazioni spaziali ed appunto “free form” – tra le loro influenze, i lavori di Radiohead e Pink Floyd – contenendosi però, dandosi dei paletti, senza perdere mai di vista un’esigenza di sintesi. Lavoro inappuntabile, che si spera non estemporaneo, e possa avere invece seguito, sia in tournèe, sia su disco.
Autore: Fausto Turi