Giungono al disco d’esordio, i campani Rain Against the Sky, dopo anni di sbattimenti e una reputazione che ha fatto sempre intendere che si potesse illuminare una nuova stella. Una personalità non del tutto formata su un approccio alla musica rock in cui le immagini, come fossero diapositive, o pellicola, più che raccontare storie attraverso una narrazione tradizionale, suscitano una serie di sensazioni, di emozioni, che accostate poi e messe in fila su un muro ideale, danno un significato sempre mutevole e di volta in volta soggettivo, un po’ come la mostra di quadri di un pittore dallo stile ormai definito, e focalizzato su una tinta chiave e su temi talvolta fantastici, talvolta intimi.
La prima volta che mi capitò di assistere ad un concerto dei RAtS fu nel Febbraio del 2005, a Napoli, dove aprirono per gli americani Karate. E laddove la musica della band di Geoff Farina era pragmatica e terrestre, questo quartetto, che giocava in casa, si proiettava musicalmente nel sogno, cinematograficamente, seppure mostrando i muscoli, perché i RAtS partivano – allora più di adesso, in verità – da una base quasi metal e dark, su cui nel frattempo hanno inserito nuovi elementi, emo ed elettronici, distaccandosi in parte dal modello di Evanescence e Lacuna Coil, forse aiutandosi con gli ascolti di Rachel’s, Devics e roba del genere. Ecco dunque pezzi come ‘Lazy’, o ‘We are so Far, so Close/Islands’.
Canta in inglese, Renata De Luca, eppure qualche elemento mediterraneo, nella sua impostazione vocale, c’è, seppure non immediatamente percettibile: un cantato operistico, lirico e teatrale, tipo la concittadina Sophya Baccini, o Lisa Gerrard, e crea un effetto abbastanza originale, sulle musiche emo fatte di squarci ed improvvise accelerazioni. In un paio di episodi, tuttavia, proprio Renata mi pare s’irrigidisca, e non riesca a dare il meglio di se. Gli altri della band (???) sono Candido Morbile e Stefano Pellone: chitarre, Alessio Scala: basso e Peppe Ferrillo: batteria.
La produzione e il missaggio dell’album sono ben equilibrate, c’è Daniele Landi a garantire, forse la resa è un po’ “fredda” con un ottimo ricorso a violoncello, pianoforte, e poi al sintetizzatore e che ad ogni modo rifinisce soltanto: scelte da incoraggiare, senz’altro, che fanno la loro parte nel rendere i Rain Against the Sky un gruppo difficilmente inquadrabile, perché la solida base chitarristica della band, è sempre più sofisticata, quando si aprono, nel brano, galleggiamenti romantici e rallentati per tastiera, che ricordano i Devics. A rendere tutto sottilmente pop, la scelta di sintesi, nell’album, di tenere a bada qualche tendenza post-rock, che pure il gruppo ha nelle proprie corde, di cui qui c’è solo qualche accenno (‘Burnt out Lamps’). Molto bella, cromaticamente, la copertina di questo ‘Stars of us Idea’, peccato il libricino non contenga i testi delle canzoni.
Autore: Fausto Turi