Attenzione: il gruppo ha deciso che quest’album sarà inizialmente disponibile solo in formato download mp3, mentre giungerà nei negozi a partire dal 27 Ottobre 2008. La scelta che i Bloc Party fanno, con questo disco, è in effetti coraggiosa, ma anche necessaria: espandere verso nuove forme la propria musica, oltre che i sistemi del mercato discografico. Riguardo la musica, la band non è più incatenata al rock’n’roll chitarristico frizzante, dal suono “ripiegato”, sul genere Strokes, che inizialmente aveva portato il successo, con l’esplosivo esordio ‘Silent Alarm’ del 2005, successo per la verità ridimensionato, poi, col secondo pur non malvagio ‘Weekend in the City’ del 2007. Oggi, il gruppo, capitanato da quello straordinario cantante che è Kele Okereke, e dal chitarrista Russel Lissack, inserisce novità pesanti, prima fra tutte un uso dell’elettronica assolutamente non di semplice rifinitura, ma in alcune canzoni talmente esclusivo, da rinnovare la natura stessa della band, inserendola in coordinate cartesiane nuove, allontanandola dall’origine, lassù, dove ci sono Primal Scream e Chemical Underground. Ecco che gli americani Strokes, rivali di un tempo, sono snobbati, non ci sono neanche più, sono il passato, incapaci di trovare una loro personale evoluzione, come ormai è chiaro a tutti: molto britannico, questo atteggiamento superiore, cui ormai le band d’oltremanica c’hanno abbituato, sia quando, a scadenze quinquennali, svoltano la storia della musica – Sex Pistols, Smiths, Massive Attack e Radiohead – sia, come in questo caso, quando almeno mostrano irrequietezza e voglia di fare.
Il disco s’apre con la botta rap stile Beastie Boys di ‘Ares’ ma, del resto, già da Agosto gira in tv il videoclip di ‘Mercury’, acido primo singolo techno rock anch’esso senza chitarre, tutto computerizzato: gruppo irriconoscibile, pesantissimo lavoro al desk del mixer sulla voce, su un filmato d’immagini provocatorie: la storia di un mostro cornuto creato in laboratorio, che assomiglia al minotauro, con le chele di granchio, ma che c’ha cinismo ed ambizioni tutte umane: denaro, famiglia, potere, guerra, infine la Casa Bianca! Voglia di farsi notare, in piena campagna elettorale americana, ed intanto oggi è già fuori il secondo singolo, ‘Talons’, con musica e videoclip per la verità più tradizionali.
Su Intimacy colpisce, però, anche l’atto d’amore ed ammirazione verso l’eroe e martire sudafricano ‘Biko’, su beat lenti, una fiaba toccante, in cui Okereke dimostra ancora una volta che delle sue origini africane non si è dimenticato, e quando canta “you have crossed the river styx, and the waves have taken you away”, viene da pensare anche alle stragi dei barconi d’immigrati, nel Mediterraneo. Poi cambia qualcosa, perché cominciano atmosfere nuove, cioè vecchie: l’electro wave dei Cure anni 90 in ‘One Month off’, ed ‘Halo’, la canzone che interrompe lo stordimento dei vecchi fans, perché è puro suono Bloc Party 2005, ma messo là, soltanto alla traccia numero 3, come dire: questo è il passato, i nuovi Bloc Party sono quelli mutanti di ‘Mercury’, prendere o lasciare.
‘Trojan Horse’ è pura colata incandescente Primal Scream, solo senza acidi sotto la lingua, e così finisce la prima parte dell’album, da dove poi ‘Signs’ riparte con un’autunnale e funerea wave anni 80, ma in ‘Zephyrus’, morbida e tutta digitale – niente di trascendentale: drum machine, beat ed effetti semplici e rallentati, con un chorus in sottofondo – ci si proietta nuovamente nel futuro, con la voce africana di Kele Okereke che sembra quella di Tricky, eventuale Jimi Hendrix del 2008. Molto Smiths, poi, in chiusura di disco, con ‘Ion Square’ e ‘Better than Heaven’. Disco mutante, che fotografa un cambiamento che procederà in futuro, e c’è curiosità verso la prossima tournèe dei Bloc Party, in cui cominceremo a capire la reale portata di queste novità, e le direzioni possibili.
Autore: Fausto Turi