Il musicista napoletano non finisce mai di stupirci, soprattutto per quella sua curiosità creativa e per la profonda passione per la musica tutta, soprattutto se popolare. In questo ultimo lavoro, accompagnato dall’Ensemble Micrologus ha deciso di riprendere diversi brani medievali, suonati con strumenti antichi ed invisi alla Chiesa cattolica di quel fosco periodo. Alcuni di questi brani erano canti liturgici, che non avrebbero potuto essere cantati fuori delle chiese ed invece, per fortuna, alcuni cantici decisero di farli uscire dalle mura ecclesiastiche innescando così un processo di sano imbarbarimento di questi brani. Ecco quindi saltarelli, canti gregoriani e camina burana. L’aspetto che intriga di più di questo lavoro, di cui sono necessari diversi ascolti per apprezzarlo fino in fondo, sono gli strani intrecci tra strumenti antichi e le chitarre elettriche o i passaggi da canti antichi e popolari al jazz. Altro tema portante di questo preziosissimo lavoro (come lo sono tutti quelli di Sepe) è la guerra e la sua condanna qua riproposta con i “Carmina burana”. L’opportunità di questo disco sta pure nel suo messaggio altamente filosofico e politico, che si traduce nell’astio contro chi non vuole diffondere la cultura (vedi la Chiesa medievale, ma non solo) e nella volontà di contaminazione della cultura stessa, si perché un artista quando scrive, compone, dipinge, ecc. quella sua opera diventa universale. Dobbiamo ringraziare per l’ennesima volta il grande musicista partenopeo, per la costanza con la quale sforna lavori raffinati e per la profondità del suo messaggio politico e culturale.
Autore: Vittorio Lannutti