Il primo premio per la band meno cool del momento in assoluto, è da assegnare ai Tuxedomoon. “Vapour Trails”, quattordicesimo album in studio del gruppo, presenta pochissimi elementi accattivanti, estetici come di contenuto. E l’apparenza, oggi più di ieri, purtroppo è un elemento essenziale. I polistrumentisti Blaine L. Reininger, Steven Brown e Peter Principle festeggiano i primi trent’anni di attività artistica e lo fanno, in ogni caso, alla loro maniera. Si definiscono viaggiatori, e stavolta approdano ad Atene, in Grecia, in uno studio con bella vista sull’acropoli, cantano in inglese, italiano, spagnolo e greco una loro personalissima forma di rock da camera, che però segue direzioni diverse, come un collage di tanti pezzi non sempre omogenei, che una volta uniti formano un’immagine coerente stilisticamente. Il trio originario di S. Francisco, è inutile dirlo, accantona, di fatto, e forse definitivamente la wave decadente degli esordi di “Scream with a View”, e “Half Mute”, oggi il format proposto è certamente più vicino agli ultimi “Cabin in the Sky” e “Bardo Hotel”, anche se è obbligatorio dire che la band ha sempre una concezione della musica molto aperta, che fa dell’accademica una risorsa al servizio delle idee. Così arrivano brani intrisi di una geniale imprevedibilità, possono essere Jazz-Rock, forme più o meno pop, cavalcate sperimentali, quel che davvero resta è il “tocco” un po’ magico di una band che non si è data mai confini né geografici né stilistici.
Autore: Luigi Ferrara