E così il trio di stanza a Bologna è riuscito per l’ennesima a quadrare il cerchio con un cd impeccabile e perfettamente dentro il filone post rock; con lo stesso diritto dei grandi nomi del genere nato in quel di Chicago. In effetti i Three Second Kiss sono una delle realtà italiane maggiormente affermate all’estero, tanto che mi arrogo il diritto di definirli, insieme agli Uzeda, la PFM degli anni 2000. “Long distance” è stato registrato lo scorso luglio presso il Red House di Senigallia (An), con ancora Steve Albini in cabina di regia, data la loro amicizia cementatasi da tempo, tanto che quando gli Shellac vengono in Italia, i TSK fanno sempre ‘da spalla’ al trio guidato da Mr. Albini. Come sempre i tre bolognesi hanno il dono dell’essenzialità, mantenendo quindi l’approccio punk, dato che i nove brani
si allungano in poco più di trentatre minuti. Niente fronzoli, ma tante idee, senza barocchismi, essenzialità ed immediatezza. Tuttavia, il sound non manca di complessità, cresciuta sicuramente nell’ultimo anno e mezzo, vale a dire da quando il batterista storico, per motivi di famiglia ha deciso di abbandonare i suoi due amici, ed è stato sostituito dal ben più giovane Sasha Tilotta (figlio di Agostino e Giovanna Cacciola degli Uzeda).
Tilotta ha portato una ventata di novità, grazie ad una maggiore irruenza ed i suoni si sono fatti meno geometrici, ma più spezzettati. Le spigolature, infatti, sono aumentate di parecchio, grazie al suono in decomposizione (‘V season’) o ai ritmi sincopati con i rallentamenti e le ripartenze spezzettate (“I’m a wind“).
Il brano che si distingue da tutti è sicuramente “This building is loud”, che parte classicamente post rock, per poi cambiare registro stilistico e la chitarra di Carlini prende la direzione di un bolgie blues stravolto, perverso e pervaso dalle mille possibilità musicali che Chicago può offrire. Già perché questo cd sembra prodotto da un gruppo dell’Illinois, data la purezza del sound prodotto; ascoltate con
attenzione “Taures“, nel quale vengono rispettati perfettamente tutti i
crismi del genere, senza sbavature, la chitarra fa i suoi giri circolari, basso e batteria danno il ritmo che rallenta e riparte senza accelerare, improvvisamente, oppure “Inexorable sky” dove ritroviamo la loro più grande ed intrigante caratteristica, almeno per il sottoscritto, vale a dire quella di riuscire a mantenere il giusto equilibrio tra l’esplosione a la tensione, mantenendo il sound contrito e sempre vivo, come fuoco sotto la cenere che sai che c’è e che quindi devi stare attento che non provochi un incendio.
Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato questo lavoro da recensire, ma a differenza di quasi tutte le altre volte, quando è giunto il pacco, mi sono sentito come un ragazzino, che ha appena comprato il suo primo disco di rock; si l’emozione era tanta e l’aspettativa è stata pienamente rispettata.
Autore: Vittorio Lannutti