E’ decisamente un piacere constatare che piccole band di elettro crescono all’ombra del Vesuvio. O meglio all’ombra dei Planet Funk, che sono i numi tutelari di questo duo (Fabio di Miero e Vinci Acunto) e non è difficile scoprirlo già al primo ascolto. Nel senso che l’ispirazione e l’impostazione dei Planet Funk si sente fortissima, ma non fino al punto da diventare fastidiosa imitazione, tutt’altro. I Katap affrontano in questo disco un percorso proprio, che guarda ai Prodigy (più mirati che raggiunti) e ai Chemical Brothers e all’ondata DFA records, e ci mettono molta più elettronica ambient e meno strumentazione tradizionale rispetto ai loro più diretti ispiratori.
Ciò è evidente sin dal primo pezzo, “Dark”, che fa entrare bene nelle atmosfere dell’album: più musica che struttura-canzone vera e propria, come anche la seconda track “Post”, anche se non mancano i pezzi più strutturati e melodici, come “Notorius Heart”, in cui la voce richiama, forse troppo da vicino, quella del Dan Black prestato dai Servant ai pezzi celebri dei Planet Funk: è in questo pezzo (come pure in “Battle of Lips” e “Spiral”) che più che mai la loro presenza si sente, ma in fondo questo non guasta affatto. Bellissima e ipnotica anche “Outside is Naples”, come pure “Suspect”, ma in generale sarebbe difficile estrarre una particolare perla da quest’album, visto che il livello medio complessivo si mantiene molto alto, e regala agli amanti della musica (anche a quelli che non amano specificamente questo genere) la speranza che nell’ambiente campano possa crescere qualcosa di più della sola musica neomelodica.
Autore: Francesco Postiglione