Molte pretese, in questo disco dei quattro musicisti italiani, ma francamente ben poca anima. I pezzi scorrono uno dopo l’altro con l’impressione di non avere soluzione di continuità, e l’impianto ambient inizia a diventare vagamente noioso già dopo le prime due tracks. Angelo Catullo è uno dei fondatori degli Xangò e ha fatto da supporter a Wailers, Salif Keita, Manu Dibango, Third World, Yellow Man e Al Anderson, Lorenzo Niego, suonatore di Didjeridu, ha collaborato con Almamegretta, 99 Posse, Garrison Fewell, Daniele Sepe, Orchestra del Conservatorio S. Pietro a Maiella di Napoli, Maurizio Capone & Bungt Bangt, Elisabetta Serio ha suonato con Joe Barbieri, Antonio Onorato, Pippo Matino, Sergio di Natale, Vinnie Colaiuta, e Guglielmo Eboli, percussionista, ha inventato e costruito strumenti come i gunja cajones che pure suona nel disco.
Ma forse il problema è la ricerca assoluta e predominante dell’elettronica, qui troppo uguale a se stessa, senza grandi variazioni, se non nei pezzi Potlach e Leptir, quest’ultimo sicuramente d’atmosfera efficace e suadente.
Eppure i quattro ragazzi sanno e possono fare di meglio, come pare dimostri il loro curriculum di esibizioni dal vivo, e non si può dire nemmeno che non funzioni l’amalgama, perché in realtà è proprio quello che si sente mancare: la dinamicità e l’esplosività di percorsi musicali diversi che dovrebbero trovare una congiunzione. E invece, c’è mono-tonia, nel senso letterale della staticità del tono: come se a suonare fosse sempre un computer che replica la stessa incessante intonatura.
Esperimento decisamente non riuscito. Alla prossima volta.
Autore: Francesco Postiglione