Puntualmente, esce un nuovo disco dei Giardini di Mirò, ed ecco che tutti – me compreso – a parlarne per sezionarlo, immaginarne il senso, eventuali svolte o involuzioni, implicazioni ideologiche e politiche, impatto emozionale, traiettorie sonoriche e stilistiche, quantità di feedback pesata in tonnellate o quintali, e tutti a fare il confronto con i loro rampanti fratellini minori, che in Italia attualmente si chiamano Fine Before you Came, Settlefish, The Death of Anna Karina… E poi, ritualmente, tutti a schierarsi su due trincee contrapposte che sostengono: “i Giardini non sono più quelli di una volta!” e “certo che no: ora sono addirittura meglio!”. Sembra che i Giardini di Mirò siano essi stessi “dividing option”, ma rileviamo che, comunque sia, davvero pochi gruppi underground italiani riescono a sollevare tanta attenzione attorno a sè già con la scelta delle due immagini piazzate sulle copertine front e back del disco, e anche ciò stà accadendo in queste settimane al gruppo reggiano, che ha pescato nell’Archivio dell’Istoreco di Reggio Emilia due fotografie d’epoca che colpiscono l’immaginazione non tanto perchè plastiche e drammatiche come la loro musica, ma perchè ferocemente vere, storiche, testimonianti uno scontro tra polizia e proletari avvenuto nelle strade della loro città nell’Estate del 1960 in cui, come potrete vedere sul retro del CD, sull’asfalto rimase anche qualche morto ammazzato.
Non cadiamo nell’ovvio però, parliamo di musica, della musica dei Giardini di Mirò anno 2007. Il gruppo è obiettivamente in buona forma, malgrado la recente traumatica defezione di Alessandro Raina, che 4 anni fa traghettò i Giardini da gruppo postpunk un po’ tipo Jesus and Marychain – però strumentale e col vizio psichedelico – verso un emocore completo finalmente anche cantato, in lingua inglese, di grande successo europeo. Erano i tempi del capolavoro ‘Punk… not Diet’. Le 9 schegge di questo disco, che è politico e sociale sin dal titolo e dalla copertina e questo non a tutti è piaciuto, sono asciutte e brevi come non mai: questo disco è tutto sommato pop music, tutto sommato, ed il feedback non viene utilizzato come clava bensì chirurgicamente, dando persino qualche connotazione progressive a certe parti strumentali.
Validi ospiti – Glenn Johnson, Jonathan Clancy, e la dolce Kaye Brewster – danno il loro sostegno, cantando assieme ai due leader Jukka Reverberi e Corrado Nuccini, che cantanti non sono eppure ci provano a sostituire Alessandro Raina, senza infamia ma con l’obbligo di perfezionarsi ancora per presentarsi nelle date live al meglio; lì dal vivo, ovviamente, dovranno rimboccarsi le maniche e cantar tutto da soli, ma possono farcela, anche perchè il cantato, ai concerti dei Giardini di Mirò, è soltanto uno dei mille colori di un affresco sonoro gigantesco. Dunque mi sembrano esagerate speculazioni e dubbi sollevati sul punto persino da loro, che pare abbiano addirittura considerato di sciogliere il gruppo se non risolvono il problema vocale, escluso che ricorrano ad un nuovo vocalist esterno.
C’è poi il discorso musicale più schietto, su cui poco è cambiato rispetto al passato, ma qualche novità c’è dal momento che ‘Dividing Options’ ha il dono della sintesi ed i pezzi sono brevi, malgrado promettano di dilatarsi delle loro proverbiali esplorazioni psichedeliche live. Esplosioni emotive deflagranti, qualche volta difficili da sostenere, e trame chitarristiche compattissime e cariche di feedback sono un marchio di fabbrica, per uno dei gruppi più coerenti ed amati d’italia. Il disco, oltre che in Italia per Homesleep, esce anche negli USA per Pehrlabel e nel resto d’Europa per la tedesca 2Rec.
Autore: Fausto Turi