Il percorso artistico dei liguri Meganoidi dà molto da riflettere, poichè non è frequente che un gruppo rock esordisca nell’underground e, trainato da due singoli pop – ricorderete i vecchi tormentoni ska ‘Meganoidi’ e ‘Supereroi contro la Municipale’ – riesca subito ad emergere commercialmente, per poi rintanarsi di nuovo nel sotterraneo per timore di rinnegare la propria integrità, e tuttavia senza porre fine all’avventura, piuttosto proseguendo attraverso una via nuova: ricorrendo all’autopubblicazione – tramite la loro Green Fog rec. – e mutando categoricamente genere musicale, attitudine, immagine, ma non il nome del gruppo, unico collegamento ormai con il passato. Sono sicuro vi sia stato un travaglio, dietro la loro storia artistica.
I Meganoidi pubblicano oggi ‘Granvanoeli’, quarto disco in carriera dopo ‘Into the Darkness’ del 2001, ‘Outside the Loop’ del 2003 e l’Ep ‘And then we Met Impero’ del 2005, e come il suo predecessore è un disco drammatico, cupo come la copertina, dilatato e dilaniato, in una parola: maturo. Non è più tempo di scherzare, e qui le liriche in inglese ed italiano si fanno sussurrate, spesso parlate e non cantate da Davide di Muzio, la cui voce poco aggraziata abbiamo col tempo imparato ad accettare, ed affrontano in maniera fumosamente impressionista argomenti capitali ma tenendosi rigorosamente alla larga dall’amore e da altre possibili vie di fuga. Non c’è l’amore, in questo disco: semplicemente non se ne parla; ci si cala completamente tra le proprie ombre, affrontandole di petto: le immagini bibliche profane di ‘The Milestone’, il ponte in fiamme di ‘Dai Pozzi’, le buie strade di ‘Anche senza Bere’ e le strade che congelano in ‘Quest’inverno’, poi l’incipit di ‘Nine Times out of Ten’ che dice: “come on, everyday’s doomsday”, il crepuscolo che uccide la bellezza in ‘At Dusk’, gli occhi gonfi di lacrime di ‘Granvanoeli’.
‘Granvanoeli’ ricorda molto il “non-romanticismo” – però di fondo compassionevole verso tutta l’umanità – di Paolo Benvegnù e soprattutto dei Massimo Volume, e certo non soltanto per il lungo spoken su musica intitolato ‘02:06’, ma per l’attitudine generale che esplora le cose della vita per capirle senza banalizzarle di generico ottimismo. Musicalmente parlerei di emocore, ricordando il ruolo importante rivestito nella musica dei Meganoidi dai fiati di Fabrizio Sferrazza e Luca Guercio, che sanno stare al loro posto senza invadere il campo: che mutazione, dalla fase ska del gruppo!… Disco autoprodotto, infine, e onore al merito.
Questa raccolta di canzoni non potete che respingerla, all’inizio, credo sia inevitabile nelle belle giornate assolate di questa Primavera 2007 cominciata così presto e così bene: ‘Granvanoeli’ è come lo sciroppo della tosse, che lotta contro una malattia, ma ha un sapore amarissimo.
Autore: Fausto Turi