Esaltati dalla critica, osannati dall’etichetta che li produce, i Micecars si presentano qui con il loro primo album, I’m the creature, con una sorta di compito da portare a termine col massimo risultato, date le aspettative alte che li accompagnano e i premi già vinti (Benicassim Festival, migliore produzione indipendente dell’anno).
E indubbiamente il miglior complimento che si può fare loro è che non sembrano in nulla una band italiana, e non lasciano traspirare nulla di italiano o italianistico nel loro lavoro. Che è già un bel complimento, se si pensa a quanto la musica rock italiana è arretrata rispetto al panorama internazionale.
L’ispirazione dei Micecars, e la loro cultura di riferimento, è chiarissima: l’indie-noise britannico, e i gruppi alla Blur/XTC, evocati persino nello stile del vocalist, è presente in ogni nota. Ma bisogna dire che quella dei Micecars non è semplice emulazione, o ancora peggio plagio: i Micecars ci mettono del proprio, ovvero una ricerca stilistica e strumentale più complicata rispetto a quella dell’indie puro, molto meno punkeggiante insomma e molto più concettuale: al punto che quello che di partenza è un pregio arriva ad essere un difetto, nel senso che a volte la semplicità potrebbe essere migliore maestra, e invece sembra che i ragazzi di Roma cerchino sempre la soluzione musicale più difficile, ad effetto, che però non sempre è la migliore.
Spiccano invece per semplicità e immediatezza puramente indie pezzi come Heretical, Watch over your Gun, The Battle against Nimesulide, ma sono apprezzabili anche ballate come Fritz is alive, o Nihil is the quest, mentre sono un po’ troppo forse concettuali Introducing the liquid pets, o Ghost Trolley. Nel complesso comunque ci troviamo di fronte a un ottimo esordio, che fa ben sperare per le tristi sorti della nostra musica all’estero.
Autore: Francesco Postiglione