Da Tel Aviv, Israele, questo quartetto sceglie il più brutto nome che un gruppo rock abbia mai avuto a memoria d’uomo – pare fosse il nome di un pezzo beat greco di gran successo nell’Estate del 1969… – per incidere una bizzarra ed inedita miscela di musica surf e klezmer, in cui agli strumenti elettrici s’affiancano strati sovraincisi di tuba e sassofoni. Ritmi in levare sempre abbastanza frenetici e riverberi fuzz anni 50 vanno a braccetto con gli sgangherati suoni della tradizione ebraica dell’Est europeo, ora gonfia di pathos ora etilica e danzereccia, ed ancora una volta dobbiamo riconoscere che il surf è genere musicale capace di trovare strade insospettabili da percorrere per rigenerarsi, e non cedere definitivamente ai suoi tediosi clichè.
I Boom Pam, sotto contratto per la tedesca Essay rec., stessa etichetta di quel folle che è Senor Coconut…, aldilà del simpatico esotismo di cui sopra – con una tuba che sostituisce discretamente il basso elettrico ed un sax tenore che qua e là sfida a duello le chitarre – in effetti non mostrano di possedere trascendentali doti compositive: piuttosto si misurano col genere rivisitando in chiave surf temi tradizionali, e ricorrendo ai tanti espedienti sonori e d’arrangiamento cari ai “surfisti”, ma rivelandosi almeno capaci di strappare qualche sorriso con 10 strumentali e due pezzi cantati nei quali mostrano qualche debolezza solo quando suonano surf puro.
Si tenga alla larga chi non ama il surf, insomma, ma magari anche chi lo ama e lo conosce troppo a fondo.
Autore: Fausto Turi