I Pere Ubu di David Thomas sono tornati e davvero alla grande! L’ultimo album, St.Arkansas retrodatava 2002, secondo appuntamento con la loro ossessione geografica dopo Pennsylvania del 1998. “Why I Hate Women” chiude quindi idealmente una trilogia con ennesimi riferimenti a luoghi dell’immaginario americano… Texas Overture, Flames Over Nebraska.
David Thomas, maitre-à-penser degli Ubu sin dal debutto punkoide epocale The Modern Dance (1978) ha sempre espresso nei loro dischi una concezione sonora e vocale estremamente ‘umorale’, pericolosamente in bilico tra armonia ed informalità, passando attraverso molteplici arditi ‘esperimenti’ estetici. A livello individuale poi ha straripato negli ultimi vent’anni siglando diversi lavori solisti e collaborando con importanti artisti sotto varie sigle (Pedestrians, Two Pale Boys …). Fuori dalle righe: il suo eclettismo di stampo dadaista è sempre stato di quelli che affascinano o si rigettano.
“Why I Hate Women” ribadisce una volta di più questo concetto e per me e tutti coloro che appartengono alla prima categoria è davvero una gioia immensa ritrovare gli Ubu in forma smagliante, graffianti ed obliqui come non mai. La maturità sorprendente di questo disco sta nel saper conciliare le opposte metamorfosi/tendenze delineatesi nel loro sound attraverso gli anni. Quella più conciliante e ‘pop’ si respira in episodi come Caroleen, Flames Over Nebraska, sature di riffs chitarristici penetranti: Keith Moliné ha dato il cambio a Tom Herman e Jim Jones ed é ormai un fedelissimo di Thomas. Ma avvince anche la lunga bruciante divagazione solistica di Robert Kidney nei sei minuti e passa di Love Song, emblematica della eventuale comunicabilità cui accennavamo sopra. Caroleen, urgentemente punk e trasversalmente pop come Mona e l’avvio elettrizzante di Two Girls (One Bar) ci riportano violentemente attualizzandoli agli allarmanti estremismi paranoidi/punkoidi di brani indimenticabili come Non Alignment Pact e Life Stinks. I notevoli Michele Temple (bass) e Steve Mehlman (drums) hanno l’abilità diabolica di giocare tutti gli undici brani di “Why I hate women” sul filo di rasoio di una tensione attanagliante; Robert Wheeler appronta sotto gli affilati interventi post-punk della chitarra di Moliné, implementandoli da vero maestro, un perverso sibilante campionario di intrusioni EML synthesizer, theremin degno del grande Allen Ravenstine. Inquietanti ed emozionali come sempre le interpretazioni/performances vocali di David Thomas: i picchi li tocca nelle conturbanti Babylonian Warehouses, Stolen Cadillac e Synth Farm, vere e proprie torbide rallentate paludi sonore in cui è fatale annegare ; ed in Blue Velvet, sorta di blues alieno corroborato dalla mouth-harp insidiosa di Jack Kidney. Tutti episodi questi estremamente significativi dell’altra faccia, quella più introversa ed oscura, dell’arte dei Pere Ubu che si riconfermano a quasi trent’anni dal loro esordio ineguagliati terroristi sonici, veri maestri nel blandirci sottopelle. Si chiude con la sorniona cantilena rap in salsa hard rock di Texas Overture.
Autore: Pasquale Boffoli