E’ difficile definire musicalmente i DtM. Ti verrebbe da dire, alla fine di “Paso Adelante” (il primo pezzo)….”Cazzo, questo è rock and roll!”. Ma proseguendo nell’ascolto del percorso sonoro proposto dai quattro Drink to Me ti ritrovi davanti ad un fenomeno dalla totale libertà espressiva nelle composizioni. Il tutto risulta disarmante. Un certo ecumenismo generazionale attraversa in maniera trasversale l’intero lavoro. Dagli anni ottanta ai finali alla Radiohead. Una policromia di suoni notevole, strutture compositive nervose e contorte….tentacolari. Ti basta poco per entrare nel loro ordine mentale. Sanno alternare il relativamente comodo triangolo “chitarra-basso-batteria” con una ricerca di suoni assolutamente nuovi. Melodie alla Franz Ferdinand perchè accompagnate dal lavoro contrappuntistico delle telecaster (vedi “Drink to Celia), lasciano spazio a momenti in cui le atmosfere si spostano nell’america cantautorale dei Califone (vedi “Masetti. A True Story”, o l’ultima traccia). “Stuprobrucio Killed Josef k” è un pezzo assurdo dove le scariche sui tom si alternano a melodie scarne e folli di un organetto (?) alterato e tremolante. Un minuto e trentasette di pura pazzia. Da questo brano, ormai il manifesto del loro stile “dissociato”, approdano a “Modern (Life) Style”…un minimalismo sorprendente per quello che è stato l’intero album. Una “exit track” che chiude un’opera carica di tensione intellettuale. Un finale che dipinge lo scenario apocalittico di una “città caduta nel silenzio”. Un testo visionario che semina dei dubbi, confonde. La schizofrenia dei DtM destabilizza placidamente l’ascoltatore. Questo è uno dei più grandi doveri dell’arte.
Autore: Stefano Ferraro