Da quel fatidico 2001, vale a dire da quando hanno deciso di fare un concerto estemporaneo, poi immortalato nel bellissimo “Un altro giorno d’amore” gli ex carpentieri, hanno ricominciato a suonare insieme, per fortuna senza più fermarsi. Effettivamente il potere violento e cieco della più grande potenza mondiale (“U.S.A.”) o i tentativi, per il momento falliti, di occupare un territorio, come quello della Val di Susa (No Tav”), da parte dello Stato, per un progresso che non fa rima con benessere sociale danno molti motivi alla Banda Bassotti per continuare a denunciare queste nefandezze, nella maniera a loro più consona: il punk rock-ska. Sempre legati al combat rock di matrice clashiana, tanto è vero che coverizzano “Revolution rock”, con una contaminazione che sicuramente sarebbe stata apprezzata da Joe Strummer; Sigaro, Picchio e soci, mantengono alta la bandiera dell’opposizione sociale a suon di staffilate di chitarre, batterie e bassi che serrano il ritmo e con la sezione fiati che soffia all’infinito. Replicare la grandezza di “Amore e odio” (il più bel disco italiano del 2004) non era impresa facile e la Banda, anche se non ci è arrivata, ci si è avvicinata moltissimo. Consideriamo l’aggressività e la rabbia perfettamente espresse in “Le vie en flamme” sugli incendi delle banlieues parigine di un anno e mezzo fa, dove in frasi come “Da noi si crepa a 15 anni/Applausi al prode Sarkozy” o “Qui nelle banlieues/dove la feccia la chiamiamo polizia” è perfettamente incorporata la frustrazione e la rabbia di chi è costretto alla marginalità sociale. L’altro apice combat rock la Banda lo raggiunge in “U.S.A. united snakes of America”, un sacrosanto omaggio a quel fascista di Bush. Se da un lato abbiamo Sarkozy e BelzeBush, dall’altro c’è bisogno di ossigeno, quindi l’omaggio a Zapata, nella riproposizione della canzone popolare mexicana “Gabino Barrera”, che i ragazzi hanno conosciuto mentre si trovavano a costruire una scuola per la popolazione in Nicaragua. Nei 14 brani in scaletta c’è una terza cover, si tratta di “Rose of passion” dei The Blue Hearts storico gruppo punk nipponico. “Vecchi cani bastardi” non è solo l’ennesimo gruppo della Banda, è soprattutto una notevole bombola d’ossigeno, che aiuta a resistere al liberismo imperante: ascoltare con attenzione lo spoken word “Cammina senza tempo”, un piccolo manifesto di nuovo socialismo.
Autore: Vittorio Lannutti