Sotto il sol leone, il pallido”boy” poteva venire solo dal freddo. Trattasi di Erlend Oye dei Kings Of Convenience. Partito come estemporaneo progetto di musica elettronica, adesso, sotto tale sigla si cela un vero e proprio gruppo, sempre capitanato dall’occhialuto “pel di carota” norvegese. Varia la forma ma la sostanza rimane sempre la stessa. Il delicato afflato pop che permea “Dreams” è di sicuro riconducibile al suo mentore. Non ci vuole poi molto, infatti, ad entrare in sintonia con questa decina di bozzetti registrati in presa diretta. Anzi, a dirla tutta, nell’insieme non c’è qualche brano in particolare ad emergere dal lotto. Semplicemente si è scelto di impostare il tutto su ritmiche mai ossessive che piacevolmente cullano l’ascoltatore intento a combattere la terribile afa di questo periodo. Gli arrangiamenti rifiniscono le singole canzoni ondeggiando tra new wave d’epoca, leggere rifiniture tecnologiche e qualche frivola spruzzatina jazz mentre l’eterea voce di Erlend diventa il tratto distintivo del disco. Chiarito ciò, pare evidente che quanto così concepito non possa (né voglia) aspirare a chissà quali arditi voli pindarico-musicali. L’unico scopo dei Whitest Boy Alive è intrattenere in maniera gradevole l’ascoltatore. Un obbiettivo, si direbbe, decisamente centrato.
Autore: LucaMauro Assante