A meno di un anno dall’esordio ‘Second Guessing’, gli statunitensi Oakley Hall tentano un’ambiziosa sintesi tra il folk rock britannico “colto” di stampo anni 70 – Pentangle, Fairport Convention, Steeleye Span – e quello americano, decisamente meno filologico, di Grateful Dead, Byrds, Pearls Before Swine, il tutto filtrato attraverso un approccio “spontaneo” da giovani indie rockers contemporanei.
Ed è proprio quest’ultimo aspetto a rendere interessante il lavoro: gli Oakley Hall si tengono alla larga dalle varie trappole britanniche di genere – il modello della Musica Antica, la ricerca del virtuosismo, l’utilizzo d’improbabili strumenti “estinti”… – provando a rinnovare ed attualizzare il folk rock evitando anche di finire tout-court nell’inflazionata versione voce/chitarra di Will Oldham.
Operazione riuscita? in parte, almeno, si.
La diffidenza iniziale – cosa mai potrà venir fuori da un gruppo che in pieno 2006 fa il revival delle grosse band di 35 anni fa… – si tempera piano piano nell’ascolto delle 9 canzoni, poichè in ‘Gypsum Strings’ ci sono ritmo (‘If I was in Eldorado’, ‘Lazy Susan’), buoni riff hard rock (‘Confidence Man’) e qualche ballata di campagna in cui Rachel Cox tenta di cantare come l’indimenticabile Sandy Danny (‘Living in Sin in the USA’, ‘Nite Lights, Dark Days’).
Inevitabile la chiusura del disco con uno strumentale di banjo (il tradizionale ‘Spanish Fandango’), ma resta la convinzione che si poteva andare oltre, con un pizzico di coraggio in più, nell’opera di rinnovamento del folk rock.
Gli Oakley Hall hanno diviso il palco sinora con amici e colleghi newyorkesi più rumorosi di loro: Oneida, Yeah Yeah Yeahs, Roger Sisters; apprendo dal loro sito internet, tuttavia, che da qualche settimana sono in giro negli USA con i più adatti Calexico.
Autore: Fausto Turi